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parere

Avvocato. Divieto di proporre azioni o assumere iniziative in giudizio con malafede nonché di introdurre in giudizio prove false.

E’ stato chiesto se come dovrebbe comportarsi un avvocato dinanzi ad un potenziale cliente che chiede di recuperare in via monitoria un credito originato da prestazioni dell'opera svolta personalmente da parte di una persona che non è più in grado di emettere fattura in quanto pensionato e per ovviare a questo inconveniente, il credito sarebbe fatto valere da un terzo (un'impresa, che potrebbe fatturare regolarmente), la quale ricevuto il provento della azione giudiziale, lo trasferirebbe all\\\'effettivo creditore. 
Il Consiglio dell’Ordine, ha osservato che il quesito, così come proposto, presenta aspetti di inverosimiglianza che potrebbero lasciar supporre ulteriori aspetti egualmente non chiari della vicenda, in quanto se le prestazioni sono state effettivamente realizzate da un determinato soggetto (il potenziale cliente dell'avvocato), la circostanza che questo ora si trovi in condizione di quiescenza e non sia più in grado di emettere fattura per probabile rinuncia alla partita Iva, non preclude minimamente allo stesso la possibilità di agire in giudizio in via autonoma per far valere il suo credito. 
Pertanto, l'espediente di far agire un terzo al posto del vero creditore, si rivela del tutto superfluo. Non solo, l'azione proposta nell'interesse del soggetto che non ha effettuato le prestazioni e quindi non ha erogato il servizio del cui corrispettivo si tratta, sarebbe agevolmente contrastata dal debitore che potrebbe dimostrare di niente dovere all'attore. Tanto premesso il Consiglio esprime il parere che un tale comportamento contrasti con il vigente codice deontologico, articolo 6 canone primo, che vieta all'avvocato di proporre azioni o assumere iniziative in giudizio con malafede, che nel caso de quo, conseguirebbe alla consapevolezza dell'avvocato di agire per conto di soggetto non creditore. 
Si prospetta anche un contrasto con l'articolo 14 canone primo, che vieta all'avvocato di effettuare dichiarazioni in giudizio relative all'esistenza o l'inesistenza di fatti obiettivi destinati a costituire presupposto del provvedimento del magistrato (a maggior ragione trattandosi di dichiarazione non rispondente a verità), sia l'introduzione consapevole in giudizio di prove false. 
E nel caso l'avvocato dichiarerebbe, contro la verità, che il soggetto terzo che agisce in giudizio, avrebbe svolto le prestazioni del cui corrispettivo si tratta, ed a tal fine dovrebbe consapevolmente introdurre in causa prove dirette alla dimostrazione di fatti non veri. 
Conclusivamente il comportamento prospettato dall'avvocato presenta evidenti rilievi negativi sotto l'aspetto deontologico, onde l'avvocato deve astenersi dal porlo in atto.