Direttore Responsabile:

Susanna Della Felice

Coordinatore di Redazione:

Lapo Mariani

parere

Avvocato: il legale che ha in corso un contratto di locazione può difendere il proprio locatore in altra controversia

1. Quesito.

Viene richiesto a questo Consiglio se esistono profili di rilevanza deontologica nel caso in cui un avvocato, che ha in corso un contratto di locazione con una persona giuridica, difenda quest’ultima in una controversia (estranea al contratto di locazione) contro un soggetto terzo (estraneo al contratto di locazione).

2. Norme rilevanti e giurisprudenza.

Viene in rilievo l’art. 24 c.d.f. del codice di deontologia forense che stabilisce che “ 1. L’avvocato deve astenersi dal prestare attività professionale quando questa possa determinare un conflitto con gli interessi della parte assistita e del cliente o interferire con lo svolgimento di altro incarico anche non professionale.

2. L’avvocato nell’esercizio dell’attività professionale deve conservare la propria indipendenza e difendere la propria libertà da pressioni o condizionamenti di ogni genere, anche correlati a interessi riguardanti la propria sfera personale.

3. Il conflitto di interessi sussiste anche nel caso in cui il nuovo mandato determini la violazione del segreto sulle informazioni fornite da altra parte assistita o cliente, la conoscenza degli affari di una parte possa favorire ingiustamente un’altra parte assistita o cliente, l’adempimento di un precedente mandato limiti l’indipendenza dell’avvocato nello svolgimento del nuovo incarico.

4. L’avvocato deve comunicare alla parte assistita e al cliente l’esistenza di circostanze impeditive per la prestazione dell’attività richiesta.

5. Il dovere di astensione sussiste anche se le parti aventi interessi confliggenti si rivolgano ad avvocati che siano partecipi di una stessa società di avvocati o associazione professionale o che esercitino negli stessi locali e collaborino professionalmente in maniera non occasionale.

6. La violazione dei doveri di cui ai commi 1, 3 e 5 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni. La violazione dei doveri di cui ai commi 2 e 4 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura”.

3. Conclusioni.

La sintetica narrazione dei fatti esposta nel quesito non evidenzia l’esistenza di conflitti di interessi che giustifichino l’obbligo per l’avvocato di astenersi dall’assumere un mandato professionale per svolgere la propria attività a favore di un soggetto con il quale ha in corso un rapporto di altra natura, che non pare in sé confliggere con l’assunzione del mandato difensivo.

Spetta comunque al professionista valutare se in concreto il rapporto sia caratterizzato da una dinamica tale da compromettere la sua indipendenza, nonché valutare se vi sia compromissione della libertà del suo giudizio per la presenza di condizionamenti di qualunque tipo e, nel caso tali elementi sussistano, farli presente al cliente ed eventualmente rinunciare al mandato.

Ciò detto circa i quesiti, ci corre infine l’obbligo di precisare che:

– con la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense “il potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense” e dunque non rientra più tra i compiti e le prerogative del Consiglio dell’Ordine;

– ne consegue che i pareri in materia deontologica che gli iscritti richiedono al Consiglio dell’Ordine vengono da questo rilasciati in termini generali e non assumono né possono assumere, in eventuali procedimenti disciplinari, alcuna funzione orientativa né tantomeno vincolante del giudizio del Consiglio Distrettuale di Disciplina né rilevare quali esimente dell’iscritto sotto il profilo soggettivo;

– pertanto, è possibile che il Consiglio Distrettuale di Disciplina, nella sua autonoma valutazione di comportamenti concretamente tenuti, possa pervenire a conclusioni diverse da quelle fatte proprie dal Consiglio.