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Susanna Della Felice

Coordinatore di Redazione:

Lapo Mariani

parere

Avvocato: il legale non può far riprodurre il proprio biglietto da visita sulla pubblicità di un’autofficina

1.    Quesito. Viene sottoposto a questo Consiglio il seguente quesito.

Un’autofficina, avendo acquistato uno spazio pubblicitario su un giornale, vorrebbe rendere noto  che si avvale di assistenza legale in caso di sinistri ed offre al proprio legale di fiducia la possibilità di inserire il frontespizio del suo biglietto da visita all’interno della pagina pubblicitaria.

L’avvocato domanda se ciò violi qualche regola deontologica.

2. Norme rilevanti e giurisprudenza. Sono norme rilevanti l’art. 35 – Dovere di corretta informazione” e l’art. 37 – Divieto di accaparramento di clientela. del Codice deontologico forense (c.d.f.), i quali, nelle parti rilevanti stabiliscono a carico dell’avvocato:

Secondo l’Art. 35, così come modificato dal CNF delibera del 22 gennaio 2016, modifiche entrate in vigore il 2 luglio 2016:

“1. L’avvocato che dà informazioni sulla propria attività professionale, quali che siano i mezzi utilizzati per rendere le stesse, deve rispettare i doveri di verità, correttezza, trasparenza, segretezza e riservatezza, facendo in ogni caso riferimento alla natura e ai limiti dell’obbligazione professionale.

2. L’avvocato non deve dare informazioni comparative con altri professionisti nè equivoche, ingannevoli, denigratorie, suggestive o che contengano riferimenti a titoli, funzioni o incarichi non inerenti l’attività professionale.

3. L’avvocato, nel fornire informazioni, deve in ogni caso indicare il titolo professionale, la denominazione dello studio e l’Ordine di appartenenza.

4. L’avvocato può utilizzare il titolo accademico di professore solo se sia o sia stato docente universitario di materie giuridiche; specificando in ogni caso la qualifica e la materia di insegnamento.

5. L’iscritto nel registro dei praticanti può usare esclusivamente e per esteso il titolo di «praticante avvocato», con l’eventuale indicazione di «abilitato al patrocinio» qualora abbia conseguito tale abilitazione.

6. Non è consentita l’indicazione di nominativi di professionisti e di terzi non organicamente o direttamente collegati con lo studio dell’avvocato.

7. L’avvocato non può utilizzare nell’informazione il nome di professionista defunto, che abbia fatto parte dello studio, se a suo tempo lo stesso non lo abbia espressamente previsto o disposto per testamento, ovvero non vi sia il consenso unanime degli eredi.

8. Nelle informazioni al pubblico l’avvocato non deve indicare il nominativo dei propri clienti o parti assistite, ancorchè questi vi consentano.

9. Le forme e le modalità delle informazioni devono comunque rispettare i principi di dignità e decoro della professione.

10. La violazione dei doveri di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.”

Art. 37: “1. L’avvocato non deve acquisire rapporti di clientela a mezzo di agenzie o procacciatori o con modi non conformi a correttezza e decoro. 2. L’avvocato non deve offrire o corrispondere a colleghi o a terzi provvigioni o altri compensi quale corrispettivo per la presentazione di un cliente o per l’ottenimento di incarichi professionali. 3. Costituisce infrazione disciplinare l’offerta di omaggi o prestazioni a terzi ovvero la corresponsione o la promessa di vantaggi per ottenere difese o incarichi. 4. E’ vietato offrire, sia direttamente che per interposta persona, le proprie prestazioni professionali al domicilio degli utenti, nei luoghi di lavoro, di riposo, di svago e, in generale, in luoghi pubblici o aperti al pubblico. 5. E’ altresì vietato all’avvocato offrire, senza esserne richiesto, una prestazione personalizzata e, cioè, rivolta a una persona determinata per uno specifico affare. 6. La violazione dei doveri di cui ai commi precedenti comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.”

3. Valutazione della fattispecie. Occorre aver riguardo nel caso di specie ai commi 1, 6 e 8 dell’art 35 del c.d.f. che, dalla narrativa del parere, a giudizio di questo COA verrebbero violati, nel caso in cui l’avvocato richiedente il parere procedesse nel senso richiesto dal proprio cliente. Altrettanto deve dirsi in relazione al divieto di accaparramento di clientela di cui all’art. 37. Si ricorda in proposito quanto stabilito dal CNF nella sentenza n. 74 del 17 settembre 2019 in merito a una fattispecie che può ritenersi analoga a quella appena descritta se si ha riguardo al fatto che, tramite la pubblicità, il soggetto intermediario (la carrozzeria), suggerisce ai propri clienti l’utilizzo di un determinato avvocato: “E’ deontologicamente rilevante (art. 37 cdf) il comportamento dell’avvocato che assuma pratiche per il tramite di un procacciatore d’affari, così ponendo in essere un’ipotesi di non consentito accaparramento della clientela (Nel caso di specie, l’avvocato aveva incaricato un investigatore privato di accertare se alcuni potenziali clienti fossero già provvisti di un difensore con riferimento ad una controversia di elevato valore economico e, in caso negativo, suggerendo loro l’assistenza legale del predetto avvocato. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuta congrua la sanzione disciplinare della sospensione dall’attività professionale per mesi tre)”.

4. Conclusioni. Viola sia l’art. 35, che l’art. 37 del c.d.f., anche la semplice riproduzione del biglietto da visita dell’avvocato o l’indicazione del suo nome e cognome integrati dalle informazioni richieste dall’art. 35 c.d.f. sulla pubblicità di un’officina su pagina di giornale.

Ciò detto circa il quesito, ci corre infine l’obbligo di precisare che:

– con la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense “il potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense” e dunque non rientra più tra i compiti e le prerogative del Consiglio dell’Ordine;

– ne consegue che i pareri in materia deontologica che gli iscritti richiedono al Consiglio dell’Ordine vengono da questo rilasciati in termini generali e non assumono né possono assumere, in eventuali procedimenti disciplinari, alcuna funzione orientativa né tantomeno vincolante del giudizio del Consiglio Distrettuale di Disciplina né rilevare quali esimente dell’iscritto sotto il profilo soggettivo;

– pertanto, è possibile che il Consiglio Distrettuale di Disciplina, nella sua autonoma valutazione di comportamenti concretamente tenuti, possa pervenire a conclusioni diverse da quelle fatte proprie dal Consiglio.