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Susanna Della Felice

Coordinatore di Redazione:

Lapo Mariani

parere

Avvocato. Incarichi contro Enti Pubblici ex clienti.

Il caso, ritenuto di interesse generale per gli avvocati amministrativisti e per tale ragione oggetto di pubblicazione, attiene ad una segnalazione di natura disciplinare, da parte di un Ente pubblico locale, nei confronti di un Avvocato per pretesa violazione dell’art. 51 del codice deontologico, nella parte in cui vieta l’assunzione di incarico contro un ex cliente nel biennio successivo, in ragione alle seguenti circostanze di fatto:
all’Avvocato veniva conferito un incarico per l’assistenza e la rappresentanza dell’Ente pubblico, in un giudizio che trovava definizione solo dopo undici anni;
nello stesso anno in cui il giudizio si concludeva il giudizio di cui sopra,l’Avvocato assumeva la difesa di alcuni cittadini in un giudizio promosso contro suddetto Ente.
Nelle proprie articolate deduzioni, il Professionista destinatario dell’esposto evidenziava in particolar modo:
che nel lungo periodo di durata della controversia dallo stesso patrocinata per l’Ente pubblico, questo non soltanto aveva conferito mandato difensivo ad altri avvocati per la propria difesa in altri giudizi, ma addirittura si era rivolto a diverso avvocato per la difesa nei giudizi aventi ad oggetto atti strettamente connessi a quelli precedentemente assunti, oggetto del suo incarico difensivo;
che la questione risulta essere di interesse generale per gli avvocati amministrativisti, giacché spesso gli enti pubblici in un arco temporale di durata rilevante, come quello che ordinariamente interessa la giustizia amministrativa, si rivolgono a diversi difensori, dovendo ritenersi operante la regola di cui all’art. 51 in tali casi come divieto di assumere incarichi contro l’Ente ove questi non siano estranei a quello già espletato o in corso di espletamento per l’Ente stesso e quanto all’obbligo di riservatezza.
In altri termini, se la p.a. non vuole instaurare un rapporto fiduciario con un avvocato, come tale continuativo, ma intende trattarlo alla stregua di un “qualsiasi prestatore di servizi”, in alcuni casi scelto anche con procedure comparative più o meno di evidenza pubblica, l’obbligazione assunta dal difensore deve ritenersi delimitata all’oggetto dello specifico incarico.
Come è noto, la disposizione di cui all'art. 51 deve considerarsi un rafforzamento della disciplina concernente il conflitto di interessi come regolato dall'art. 37 (Cass. Civ., sez. un. 17/06/2010 n. 14617). Tale ultima norma mira ad assicurare che il mandato professionale sia svolto in assoluta libertà ed indipendenza da ogni vincolo, ossia in piena autonomia: prerogative, queste, funzionali a rendere effettivo e concreto il diritto di difesa. La previsione dell’art. 37 codice deontologico (divieto di prestare attività professionale in conflitto di interessi) risponde all’esigenza di conferire protezione e garanzia non solo al bene giuridico dell’indipendenza effettiva e dell’autonomia dell’avvocato ma, altresì, alla loro apparenza; e ciò in quanto l’apparire indipendenti è tanto importante quanto esserlo effettivamente, dovendosi in assoluto proteggere, tra gli altri, anche la dignità dell’esercizio professionale e l’affidamento della collettività sulla capacità degli avvocati di fare fronte ai doveri che l’alta funzione esercitata impone. La disciplina in questione, pertanto, si proietta alla tutela dell’immagine complessiva della categoria forense, in prospettiva ben più ampia rispetto ai confini di ogni specifica vicenda professionale.
Ritiene il Consiglio che nella vicenda concreta non si configurano profili di conflitto d’interesse, nei termini delineati dall’art. 37 del Codice deontologico forense, e, conseguentemente, non può ritenersi applicabile in modo automatico l’art. 51. Ciò in considerazione della circostanza che rispetto agli enti pubblici l’elemento fiduciario del conferimento di incarico deve tener conto del rapido processo di avvicendamento dei soggetti di riferimento nell’ambito dell’ente, correlato alla notoria lunga durata del giudizio amministrativo.
In particolare, in un ente pubblico il mutamento sia degli organi di governo sia dei responsabili dei singoli uffici, comporta spesso una sorta di spoil system anche degli avvocati. Qualora ciò non avvenga in modo specifico, si verifica, comunque, l’ipotesi molto frequente in cui l’ente pubblico non abbia un solo difensore di riferimento.
Né d’altra parte, in tali casi, potrebbe ritenersi violato l’art. 7 sul rapporto di fedeltà, giacché si finirebbe assurdamente per pretendere una fedeltà esclusiva dell’avvocato a fronte delle molteplici possibilità di individuazione del difensore da parte dell’ente pubblico, tra le quali si annovera anche quella dell’espletamento di una selezione, fondata sul prezzo più basso.
In tal senso, il venir meno del carattere vincolante delle tariffe professionali, nonché la sempre più diffusa apertura dell’ordinamento professionale forense alle regole di concorrenza costituiscono elementi di valutazione che devono informare anche la disciplina deontologica, senza far venir meno gli obblighi di correttezza, di lealtà, di fedeltà e di riservatezza dell’avvocato. Tuttavia, nel caso in cui vi sia, come nella vicenda in esame, una sostanziale spersonalizzazione del committente, il divieto di assumere incarichi contro l’ente pubblico di cui all’art. 51 del codice deontologico deve ritenersi non riferito alle ipotesi in cui questi siano estranei a quello già espletato o in corso di espletamento per l’ente pubblico medesimo.
Pertanto, nella fattispecie considerata, per tutte le ragioni espresse, nonché sia per la evidenziata diversità dell’oggetto delle prestazioni professionali in questione, sia per il decorso di un lungo arco temporale dal conferimento dei relativi mandati, quale situazione connessa alla durata del processo, sia per avere l’ente pubblico conferito mandato difensivo ad altri avvocati per la propria difesa in altri giudizi, operando la scelta di non avere un avvocato di riferimento, si dispone l’archiviazione dell’esposto in oggetto.