Direttore Responsabile:

Susanna Della Felice

Coordinatore di Redazione:

Lapo Mariani

parere

Avvocato: incompatibilità dell’Avvocato iscritto prima dell’entrata in vigore della “Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense”

1.   Quesito

Un Avvocato iscritto all’albo dell’Ordine degli Avvocati in data anteriore al 2 febbraio 2013, data di entrata in vigore della legge 31.12.2012 n. 247, se abbia la possibilità, in costanza dell’esercizio della professione forense, di accedere all’insegnamento presso istituti scolastici di qualsiasi livello di istruzione e per materie anche non giuridiche.

2. Norme rilevanti

Sono norme rilevanti ai fini della risposta al quesito:

l’art. 6 “Dovere di evitare incompatibilità” del Codice deontologico forense (“C.d.F.”), gli artt. 18, 19 e 65 della L. 31.12.12 n. 247 (Ordinamento forense), nonché l’art. 3, comma IV, del regio decreto legge n. 1578 del 27 novembre 1933.

Stabilisce l’art 6 del c.d.f. che:

“1. L’avvocato deve evitare attività incompatibili con la permanenza dell’iscrizione all’albo.

2. L’avvocato non deve svolgere attività comunque incompatibili con i doveri di indipendenza, dignità e decoro della professione forense”.

Stabilisce l’art. 18 della L. 31.12.12 n. 247 che: “1. La professione di avvocato è incompatibile:

a) … ;

b) …

c) …;

d) con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato”.

L’art. 19, comma 1°, della l. 247/2012 stabilisce che: “In deroga a quanto stabilito nell’articolo 18, l’esercizio della professione di avvocato è compatibile con l’insegnamento o la ricerca in materie giuridiche nell’università, nelle scuole secondarie pubbliche o private parificate e nelle istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione pubblici. ”

L’art. 65, comma 3, della l. 247/2012 stabilisce che: “l’articolo 19 non si applica agli avvocati già iscritti agli albi alla data di entrata in vigore della presente legge, per i quali restano ferme le disposizioni dell’articolo 3, quarto comma, del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, e successive modificazioni.”

L’art. 3, comma 4, del r.d.l. n. 1578 del 1933 stabilisce che: “ Sono eccettuati dalla disposizione del secondo comma (che prevede l’incompatibilità per i dipendenti dello stato o di altri enti pubblici – n.d.r.): a) i professori e gli assistenti delle Università e degli altri Istituti superiori ed i professori degli Istituti secondari del Regno; (…)”.

3. Risposta al quesito

L’art. 65 della l. 247/2012 è rubricato “Disposizioni transitorie” ed è, evidentemente, diretto a disciplinare la fase di passaggio tra la vecchia disciplina dell’ “Ordinamento della professione di avvocato e procuratore” prevista dal r.d.l. del 1933 e la nuova l. del 2012 (Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense).

In questa ottica questo Consiglio ritiene che la norma debba essere interpretata nel senso di consentire il mantenimento dell’iscrizione all’albo degli avvocati a tutti coloro che, alla data dell’entrata in vigore della l. 247, non solo erano già iscritti a un albo degli avvocati, ma si trovavano già nella condizione prevista dalla lett. a) del comma 4 dell’art. 3 del r.d.l. 1578/1933, ovvero erano impiegati quali professori e assistenti negli istituti universitari e di istruzione superiore e secondaria delle scuole.

Dal combinato disposto delle norme indicate si ricava dunque che è consentita l’attività di insegnamento negli istituti universitari e di ricerca e negli istituti di istruzione secondaria superiore e inferiore, anche in materie non giuridiche, a tutti gli avvocati che, alla data di entrata in vigore della l. 247/2012, ovvero al 2 febbraio 2013, si trovavano nelle seguenti condizioni:

i)            erano già iscritti all’albo degli avvocati;

ii)           erano già impiegati quali professori e ricercatori, anche in materie non giuridiche, in un istituto di istruzione universitaria, e secondaria, superiore o inferiore.

Ciò detto circa il quesito, ci corre infine l’obbligo di precisare che:

– con la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense “il potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense” e dunque non rientra più tra i compiti e le prerogative del Consiglio dell’Ordine;

– ne consegue che i pareri in materia deontologica che gli iscritti richiedono al Consiglio dell’Ordine vengono da questo rilasciati in termini generali e non assumono né possono assumere, in eventuali procedimenti disciplinari, alcuna funzione orientativa né tantomeno vincolante del giudizio del Consiglio Distrettuale di Disciplina né rilevare quali esimente dell’iscritto sotto il profilo soggettivo;

– pertanto, è possibile che il Consiglio Distrettuale di Disciplina, nella sua autonoma valutazione di comportamenti concretamente tenuti, possa pervenire a conclusioni diverse da quelle fatte proprie dal Consiglio.