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parere

Avvocato. Indagini difensive preventive, limiti.

E' stato chiesto se sia possibile rilasciare informazioni in sede di indagine difensiva preventiva al difensore penalista che tutela i clienti, già assistiti in ambito civile dal Legale a cui sono richieste le informazioni.
L’assunzione di informazioni in fase di indagine preliminare, per il richiamo dell’art. 362 ccp all’art. 200 cpp, incontra gli stessi limiti della testimonianza in fase dibattimentale.
Il riferimento normativo è dunque quello dell’art. 200 ccp che, come noto, sancisce che non possono essere obbligati a deporre gli avvocati riguardo a quanto conosciuto “ per ragione del proprio ministero”.
Anche il Codice Deontologico affronta la questione dell’art. 58 stabilendo che “per quanto possibile, l’avvocato deve astenersi dal deporre come testimone su circostanze apprese nell’esercizio della propria attività professionale e inerenti il mandato ricevuto”. Un’indicazione, dunque, di preferenza ma non di divieto.
Nella fattispecie sembra, poi, non porsi il problema dello scioglimento del vincolo di segretezza da parte del proprio assistito dal momento che il difensore in sede penale agisce nel suo interesse e, verosimilmente, sulla scorta delle sue stesse indicazioni.
Non esiste quindi un divieto di testimonianza da parte dell’avvocato. A quest’ultimo è rimessa, in concreto, la valutazione circa l’opportunità di rilasciare dichiarazioni.
Nel caso di indagini difensive detta valutazione potrebbe rilevarsi più agile dal momento che. ai sensi dell’art. 391 bis cpp, l’assunzione di informazioni può avvenire in due fasi: quella del colloquio preliminare non documentato e quella della verbalizzazione ex art. 391 bis, II co., ccp.