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Susanna Della Felice

Coordinatore di Redazione:

Lapo Mariani

parere

Avvocato: interpretazione dell’art. 48 del Codice Deontologico

E’ stato richiesto a questo Consiglio un parere su come vada interpretato l’art. 48 del Codice Deontologico Forense, il quale prevede il divieto di utilizzare la corrispondenza scambiata con un collega, qualificata come riservata o contenente proposte transattivo, in particolar modo se la norma sia applicabile anche nell’ ipotesi in cui la missiva serva a provare l’attendibilità o meno di un testimone (un avvocato) sentito in un processo.

Occorre premettere che questo Consiglio non può rilasciare pareri sulla compatibilità di documenti al Codice Deontologico Forense né quindi dare valutazioni sulla loro utilizzabilità in giudizio.

I pareri rilasciati da questo Consiglio devono necessariamente riguardare aspetti generali, involgenti la Legge Professionale o il Codice Deontologico Forense.

Ciò premesso, occorre ricordare doverosamente che l’art. 48 del Codice Deontologico Forense impedisce l’utilizzazione di corrispondenza intercorsa tra avvocati qualificata come riservata o contenente proposte transattive.

Il fatto che la corrispondenza sia stata qualificata come riservata, benché non contenente proposte transattive, non ha alcuna rilevanza essendo sufficiente la mera qualificazione in tal senso fatta dal mittente per impedirne la libera utilizzazione e per farla rientrare nella protezione accordata dall’art. 48 CDF.

La norma, al secondo comma, contiene delle eccezioni e solo in questi casi è possibile derogare al divieto; ogni altro utilizzo che non sia giustificato dalle eccezioni medesime comporta un illecito deontologico.

In ogni caso, doverosamente, occorre precisare che:

– con la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense il “potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense” (art 50 L.247/2012) e dunque non rientra più tra i compiti e le prerogative del Consiglio dell’Ordine;

– ne consegue che i pareri in materia deontologica che gli iscritti richiedono al Consiglio dell’Ordine vengono da questo rilasciati in termini generali e non assumono né possono assumere, in eventuali procedimenti disciplinari, alcuna funzione orientativa né tantomeno vincolante del giudizio del Consiglio Distrettuale di Disciplina né rilevare quale esimente dell’iscritto sotto il profilo soggettivo;

– pertanto è possibile che il Consiglio Distrettuale di Disciplina, nella sua autonoma valutazione dei comportamenti concretamente tenuti, possa pervenire a conclusioni diverse da quelle fatte proprie dal Consiglio anche per quanto riguarda l’elemento soggettivo.