È stato chiesto parere in merito alla liceità della richiesta di pagamento di compenso da parte di un Collega per l’attività di domiciliazione quantificata in modo difforme rispetto al preventivo pattuito, giustificata con la realizzazione di attività informativa, nonché della successiva pretesa del medesimo di restituire gli originali dei titoli mettendoli a disposizione del dominus presso il proprio studio posto in una città diversa.
Il parere richiesto verte sul fatto se sia deontologicamente corretto il comportamento di un avvocato che chieda il pagamento di un compenso in modo difforme dal pattuito, giustificandolo con l’esecuzione di attività informativa, e che rifiuti di restituire gli atti presso il dominus della posizione, invitando lo stesso a ritirarli solo presso il suo, sito in altra città.
Premettendo che questo Consiglio non può entrare nel merito delle singole questioni indicate, in via di principio si osserva che i quesiti posti trovano fondamento rispettivamente negli articoli 29/5 e 33 CDF.
L’art.29/5 recita “L’avvocato, in caso di mancato pagamento da parte del cliente, non deve richiedere un compenso maggiore i quello già indicato, salvo ne abbia fatta richiesta”.
L’art.33 recita “L’avvocato, se richiesto, deve restituire senza ritardo gli atti ed i documenti ricevuti dal cliente e dalla parte assistita per l’espletamento dell’incarico e consegnare loro copia di tutti gli atti e documenti….”
Circa la presentazione di una richiesta di pagamento, maggiore di quella preventivata, il citato art. 29/5 CDF è sufficientemente chiaro nel definirlo comportamento interdetto. Per completezza di indica anche la sentenza CNF del 21 novembre 2017, 178, che censura il comportamento dell’avvocato che, anche in caso di mancato, spontaneo pagamento, richieda con successiva comunicazione, senza averne fatto riserva, un compenso maggiore di quello già indicato.
Cosa diversa sarebbe il caso in cui una notula difforme dalla pattuita fosse conseguenza dell’esecuzione di adempimenti ulteriori, eseguiti dopo l’emissione della prima notula conforme al preventivato, su cui possiamo solo dire che dovrebbero esaminati nei singoli casi.
Quanto all’art 33 CDF citiamo e precisiamo, come da decisione del CNF n.26 del 12 aprile 2018 che”Incorre in un illecito disciplinare l’avvocato che ometta di restituire tutta la documentazione, di cui sia venuto in possesso nel corso dello svolgimento del proprio incarico professionale, al cliente, anche qualora questi non paghi le sue spese legali; né l’obbligo di consegna può ritenersi assolto con la semplice messa a disposizione della documentazione richiesta se, di fatto, ne è stata impedita la materiale apprensione” In senso analogo il CNF si è pronunciato anche in data 28 dicembre 2017 con decisione n.257.
Occorre, in ogni caso, contestualizzare il significato dell’espressione “impedire la materiale apprensione” della documentazione da restituire e su questo non possiamo che rimetterci ad un ragionamento logico e di buon senso. Nella nostra società, in cui non difettano certo i mezzi di comunicazione e di possibilità di effettuare invio di materiali di ogni genere costituisce impedimento di materiale apprensione l’invito, fatto dal legale al cliente, di andare a prendere i documenti da restituire presso di sé, pur se in luogo distante? Se il luogo in cui si trovano i documenti da restituire è inserito in una normale rete di comunicazione, tale da poter accedere ad un servizio postale, o di analoga modalità di consegna degli stessi, si potrebbe, nella richiesta dell’avvocato al cliente di “andarseli a prendere” configurare un comportamento forse scortese ma non tale da rinvenire in esso il riferimento alla violazione di un dovere deontologico.
Si può anche ipotizzare il caso in cui il domiciliatario, a causa di particolare riservatezza od importanza della documentazione da restituire, possa ritenere opportuno di farla “a mani” del dominus, non ritenendo sicure altre modalità di consegna.
Cosa diversa sarebbe se l’avvocato subordinasse, invece, la consegna dei documenti al pagamento di somme dovute, o ritenute tali, ma questi elementi non sono stati indicati nei quesiti posti, per cui ci limitiamo ad indicarne le risposte nel contenuto degli ar.29/5 e 33 del Codice Deontologico Forense.