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parere

Avvocato. L’incarico per l’incentivazione della attività di tutorato non integra un rapporto di lavoro subordinato. Non sussiste pertanto incompatibilità con l’esercizio della professione di avvocato e/o del patrocinio del praticante avvocato.

E’ stato chiesto se il conferimento di un assegno per l’incentivazione di attività di tutorato e l’accettazione del relativo incarico comporti per un praticante avvocato con abilitazione al patrocinio iscritto nello speciale Registro tenuto presso l’Albo degli Avvocati di Firenze di incorrere in una delle incompatibilità di cui all’art. 3 del R.D.L. 27 Novembre 1933, n. 1578.
Il Consiglio dell’Ordine, ha precisato che l’art. 3 del R.D.L. n. 1578/1933, applicabile anche ai praticanti avvocati che esercitano il patrocinio in virtù dell’espresso richiamo in tal senso disposto dall’art. 13 del R.D. 22 Gennaio 1934, n. 37, stabilisce, tra l’altro, che l’esercizio della professione è incompatibile con qualunque impiego o d’ufficio retribuito con stipendio sul bilancio dello Stato, delle Province dei Comuni, etc. e, comunque con ogni altro impiego retribuito, anche se consistente nella prestazione di opera di assistenza o consulenza legale, che non abbia carattere scientifico o letterario.
La Suprema Corte ha precisato che con tale disposizione si è inteso stabilire l’incompatibilità solo in relazione alle attività lavorative esplicate in regime di subordinazione, ragione per cui l’esercizio del patrocinio da parte di un praticante avvocato è precluso (solo) qualora quest’ultimo intrattenga un rapporto di lavoro subordinato (cfr. Sent. Cass. Civ., Sez. Unite, 29 Marzo 1989, n. 1530).
Nel caso di specie, peraltro, l’incarico per l’incentivazione della attività di tutorato non integra un rapporto di lavoro subordinato e, fermo restando che risulta arduo ritenere che lo stesso possa configurare un rapporto lavorativo, visto che, semmai è più assimilabile ad una sorta di borsa di studio, in ogni caso se lo si vuole qualificare come un rapporto di lavoro, dovrà essere considerato alla stregua di un rapporto (di natura autonoma) di collaborazione continuativa e coordinativa (oggi regolato dal Dec. Leg.vo n. 276/2003), in relazione al quale non sussiste, comunque, alcuna incompatibilità con l’esercizio della professione di avvocato e/o del patrocinio del praticante avvocato (cfr. sempre Sent. Cass. Civ, Sez. Unite, 29 Marzo 1989, n. 1530).
A diverse conclusioni si sarebbe dovuti pervenire qualora l’incarico in questione fosse stato ritenuto un incarico di natura universitaria, perché, in forza della giurisprudenza della Suprema Corte, non può essere estesa ai praticanti avvocati ammessi al patrocinio, sulla base di un’interpretazione analogica, la deroga alle disposizioni sull’incompatibilità prevista dal comma 4 dell’art. 3 del R.D.L. n. 1574/1933 per i professori e gli assistenti universitari, in quanto il già menzionato articolo 13 del R.D. n. 37/1934 richiama solo le incompatibilità stabilite dal citato art.. 3 del R.D.L. n. 1574/1933, senza alcun rinvio alla deroga contemplata per gli avvocati dallo stesso articolo (cfr. Sent. Cass. Sez. Unite, 15 Dicembre 1998, n. 12560).