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parere

Avvocato: l’attività stragiudiziale del Praticante Avvocato

1.  Quesito. Un praticante Avvocato ha chiesto a questo Consiglio se, con riguardo alle attività stragiudiziali,  nel caso in cui contribuisca alla gestione di una pratica, possa inviare corrispondenza a propria firma.

2.  Norme rilevanti.  È norma rilevante l’art, 41, comma 12, l. 247/2012, il quale stabilisce che:

“Nel periodo di svolgimento del tirocinio il praticante avvocato, decorsi sei mesi dall’iscrizione nel registro dei praticanti, purché in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza, può esercitare attività professionale in sostituzione dell’avvocato presso il quale svolge la pratica e comunque sotto il controllo e la responsabilità dello stesso anche se si tratta di affari non trattati direttamente dal medesimo, in ambito civile di fronte al tribunale e al giudice di pace, e in ambito penale nei procedimenti di competenza del giudice di pace, in quelli per reati contravvenzionali e in quelli che, in base alle norme vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, rientravano nella competenza del pretore. L’abilitazione decorre dalla delibera di iscrizione nell’apposito registro. Essa può durare al massimo cinque anni, salvo il caso di sospensione dall’esercizio professionale non determinata da giudizio disciplinare, alla condizione che permangano tutti i requisiti per l’iscrizione nel registro”.

3.  Risposta al quesito. Il praticante avvocato può quindi esercitare attività di consulenza stragiudiziale e di assistenza giudiziale davanti al giudice di pace. Non può tuttavia assumere mandati difensivi e avere cause proprie per rappresentare clienti davanti al Tribunale o alle altre giurisdizioni superiori, attività per le quali è richiesta l’iscrizione all’albo degli avvocati. Se abilitato, il praticante può svolgere attività in sostituzione del proprio dominus ed esclusivamente sotto la responsabilità di questo, anche qualora il dominus non sia coinvolto direttamente nella gestione della pratica.

Ciò detto circa il quesito, ci corre infine l’obbligo di precisare che:

– con la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense “il potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense” e dunque non rientra più tra i compiti e le prerogative del Consiglio dell’Ordine;

– ne consegue che i pareri in materia deontologica che gli iscritti richiedono al Consiglio dell’Ordine vengono da questo rilasciati in termini generali e non assumono né possono assumere, in eventuali procedimenti disciplinari, alcuna funzione orientativa né tantomeno vincolante del giudizio del Consiglio Distrettuale di Disciplina né rilevare quali esimente dell’iscritto sotto il profilo soggettivo;

– pertanto, è possibile che il Consiglio Distrettuale di Disciplina, nella sua autonoma valutazione di comportamenti concretamente tenuti, possa pervenire a conclusioni diverse da quelle fatte proprie dal Consiglio.