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parere

Avvocato. Possibilità di chiedere alla Procura la nomina di un ADS per il proprio cliente che manifesta una capacità mentale in parte compromessa.

E’ stato chiesto se un avvocato che assista in un giudizio di divisione un cliente di anni ottanta, il quale manifesta ad avviso dell’avvocato stesso una capacità mentale in parte compromessa, e che sia stato incaricato dal suddetto cliente di predisporre il ricorso per la nomina di un amministratore di sostegno, in conseguenza del fatto che il cliente, dopo aver sottoscritto il ricorso, abbia cambiato idea, dichiarando di essere in grado di provvedere a sé stesso e chiedendo che l’avvocato non provveda al deposito del ricorso, possa o debba far presente, senza incorrere in una violazione dei propri doveri deontologici, lo stato di difficoltà del cliente alla Procura delle Repubblica territorialmente competente perché essa provveda a richiedere al Tribunale la nomina dell’amministratore di sostegno.
Il Consiglio dell’Ordine ha precisato come uno dei doveri prioritari dell’avvocato, la cui violazione è sanzionata disciplinarmente dall’art. 9 del Codice Deontologico, concerne il segreto su quanto appreso in conseguenza all’espletamento del suo mandato.
In particolare l’art. 9 del Codice Deontologico stabilisce che è dovere, oltre che diritto, primario e fondamentale dell’avvocato mantenere il segreto sull’attività prestata e su tutte le informazioni che siano a lui fornite dalla parte assistita o di cui sia venuto a conoscenza in dipendenza del mandato. Il canone IV di detto articolo elenca le eccezioni alla regola generale, tra le quali non è incluso il caso in cui l’avvocato dubiti della capacita di intendere e di volere del cliente.
Non vi è dubbio che, qualora l’avvocato abbia fondate ragioni per ritenere che il cliente sia incapace di intendere e di volere, egli si debba porre l’interrogativo su come comportarsi, ma, sotto il profilo deontologico, in presenza di una norma rigorosa come il sopra menzionato articolo 9, che dettaglia in modo specifico le eccezioni al dovere di segretezza, non si ritiene che possano ammettersi ulteriori eccezioni rispetto a quelle tassativamente previste espressamente dalla disposizione succitata.
Ciò comporta che l’avvocato non può venir meno al dovere di segretezza e violare il mandato ricevuto dal cliente, informando la pubblica autorità dello stato di salute del cliente medesimo, stante il fatto che egli è venuto a conoscenza di ciò proprio in dipendenza del mandato, tanto più che l’avvocato potrebbe non avere la competenza professionale per stabilire se davvero il cliente si trova in una condizione tale da legittimare l’intervento del Giudice.
E’ ovvio, tuttavia, che tale principio deve essere coordinato con quello di lealtà e di correttezza, nel senso che l’avvocato, se nutre dei ragionevoli dubbi circa la capacità di intendere e di volere del cliente e, conseguentemente, circa la possibilità del cliente medesimo di assumere decisioni e/o di conferire incarichi professionali, dovrà astenersi dall’accettare e/o dall’espletare detti incarichi.