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parere

Avvocato. Possibilità di produrre la documentazione del cliente nel giudizio instaurato nei suoi confronti per il pagamento delle prestazioni professionali. Sussistenza

E’ stato chiesto se può costituire infrazione disciplinare per l’Avvocato produrre nel giudizio instaurato nei confronti dei clienti, per il pagamento delle proprie prestazioni professionali, tutta la documentazione ricevuta dai clienti, gli atti elaborati dal professionista in cui si è concretizzata l’attività di assistenza e consulenza, nonché la corrispondenza intercorsa con questi nello svolgimento degli incarichi professionali conferitigli; ove la produzione di tali documenti risulti necessaria a provare la natura, la complessità e la rilevanza delle attività svolte ed il contesto e le finalità per cui tali attività sono state a lui richieste, con riferimento anche ad una lettera e all’accluso progetto di notula che il professionista stesso aveva inviato al cliente prima dell’instaurazione del giudizio.
Il Consiglio dell’Ordine, ha precisato che l’art. 9 del Codice Deontologico impone all’Avvocato l’obbligo di segretezza e riservatezza nei confronti sia dei clienti che degli ex-clienti e tale obbligo preclude, dunque, all’Avvocato di poter utilizzare o divulgare i documenti concernenti i rapporti professionali intercorsi anche con gli ex-clienti.
Peraltro il canone IV, lettera c), di detto articolo 9 del Codice Deontologico stabilisce che costituiscono eccezione alla regola generale i casi in cui la divulgazione di alcune informazioni relativa alla parte (ex) assistita sia necessaria al fine di allegare circostanze di fatto in una controversia tra avvocato e assistito, tra cui, naturalmente, anche quella concernente la richiesta di pagamento del compenso (in questo senso Remo Danovi in “Il Codice Deontologico Forense”, Terza Edizione, Giuffré Editore, 2006, pag. 208).
Del resto, l’Avvocato che promuova un giudizio nei confronti di un proprio cliente per conseguire il pagamento delle proprie prestazioni professionali, ai sensi dell’art. 2697 Cod. Civ., ha l’onere di provare i fatti costitutivi delle propria domanda, che sono rappresentati dalla sussistenza, dalla natura, dalla consistenza e dalla complessità delle prestazioni svolte nonché dalla congruità del compenso richiesto, da determinarsi in correlazione agli elementi sopra menzionati.
La produzione in giudizio della documentazione ricevuta dal cliente, degli atti elaborati dal professionista nonché della corrispondenza intercorsa con il cliente stesso può ritenersi, quindi, consentita qualora risulti necessaria e funzionale per consentire che l’Avvocato possa assolvere al suo onere della prova, ovvero nel caso in cui senza tale produzione non sia possibile fornire al Giudice una precisa e attendibile ricostruzione dell’oggetto delle prestazioni professionali dell’Avvocato stesso nonché degli elementi a cui fanno riferimento i criteri stabiliti dalle Tariffe Forensi per la determinazione del suo compenso.
E’ ovvio, peraltro, che la produzione stessa deve risultare rilevante in ordine alle esigenze di difesa dell’Avvocato nonché limitarsi a quanto strettamente necessario per il fine tutelato.
In questo senso e purché attinente alle esigenze di difesa sopra evidenziate, deve ritenersi che non integri un illecito disciplinare la produzione in un giudizio promosso da un Avvocato nei confronti di un ex-cliente per conseguire il pagamento del compenso della copia di un progetto di notula, qualora il contenuto dello stesso sia funzionale all’allegazione dei fatti costituivi posti a fondamento del diritto fatto valere nel giudizio medesimo;
L’Avvocato dovrà, altresì, premurarsi che, nel caso di documenti il cui contenuto possa risultare pregiudizievole per i diritti e gli interessi dell’ex-cliente, la loro produzione in giudizio venga effettuata con le opportune cautele al fine di evitare che possano essere consultati da soggetti estranei al giudizio stesso.
E’ appena il caso di sottolineare che il principio in forza del quale la divulgazione dei dati riservati è consentita per esigenze di difesa costituisce un principio di carattere generale espresso anche dalle disposizioni normative in materia di protezione della privacy, secondo cui non sono soggetti alle preclusioni previste dalle norme stesse i dati che siano trattati per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario per il loro perseguimento.