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parere

Avvocato: può essere depositata in giudizio la corrispondenza contenente una proposta transattiva proveniente direttamente da un “ufficio legale” interno di una società privata, non qualificata come riservata né sottoscritta da un avvocato iscritto a un Albo

Fatto e quesito

Viene richiesto a questo Consiglio se sia corretto – alla luce del canone deontologico previsto dall’art. 48 del Codice deontologico forense – depositare in giudizio una proposta transattiva proveniente direttamente da un “ufficio legale” interno di una società privata, contenuta in una mail non qualificata come riservata e  non sottoscritta né proveniente da un avvocato iscritto a un Albo;

Risposta al quesito

1. Il canone deontologico che viene in considerazione nel caso di specie è l’art. 48 del Codice deontologico forense (“c.d.f.”), rubricato “Divieto di produrre la corrispondenza scambiata con il collega”.

L’articolo in commento, al primo comma, prevede che l’avvocato non possa produrre la corrispondenza intercorsa esclusivamente tra colleghi qualora sia qualificata come riservata, nonché quella contenente proposte transattive e le relative risposte. Deve pertanto ritenersi non producibile in giudizio tutta la corrispondenza fra legali qualificata come “riservata”, nonché, tutta quella contenente proposte transattive e le relative risposte, anche se non espressamente qualificata come “riservata”.

Il secondo comma dell’art 48 prevede due deroghe al divieto contenuto nel primo comma. L’avvocato può infatti produrre la corrispondenza intercorsa con i colleghi qualora la stessa

a)          costituisca perfezionamento e prova di un accordo

b)          assicuri l’adempimento delle prestazioni richieste.

La violazione del divieto di produzione disciplinato dall’art. 48 c.d.f. comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

2. La norma deontologica è dettata a salvaguardia del corretto svolgimento dell’attività professionale e, salve le eccezioni previste espressamente, prevale persino sul dovere di difesa (1).

3. Dall’esposizione della fattispecie contenuta nel quesito, si evince che la corrispondenza di cui trattasi, non qualificata come “riservata”, ma contenente una proposta transattiva, è intervenuta tra un Avvocato, difensore di una parte, e un altro soggetto identificato in maniera anonima quale “ufficio legale interno” che comunque non l’ha sottoscritta identificandosi come avvocato iscritto all’albo.

Occorre quindi valutare se la produzione di corrispondenza non sottoscritta intercorsa tra un Avvocato ed un altro soggetto non identificatosi e non qualificatosi come avvocato iscritto all’albo, possa integrare il divieto di cui all’art. 48, comma 1, c.d.f, o, al contrario, sia liberamente producibile nel giudizio civile avente ad oggetto la controversia cui la proposta è relativa.

4. In un precedente parere reso in data 9 febbraio 2021 il Consiglio ha già evidenziato che le norme deontologiche forensi, come il suddetto articolo, operano solo tra i soggetti che rivestono la qualifica di Avvocato e agiscono in tale veste.

Nel caso dell’ufficio legale interno di una società si può ritenere che il mittente possa essere più facilmente identificato come parte che non come difensore della medesima.

Si rileva inoltre che, anche qualora lo scrivente avesse sottoscritto la missiva con nome e cognome in qualità di giurista d’impresa dipendente della società, la sua qualifica di lavoratore subordinato non consentirebbe l’iscrizione all’albo degli avvocati ai sensi dell’art. 18, lett. d), l. 247/2012.

Non esiste quindi, in astratto, per l’avvocato, alcun divieto di natura deontologica che impedisca la produzione di corrispondenza intercorsa con persone diverse dai colleghi.

5. Conclusioni.

La corrispondenza che sia intercorsa tra soggetti non qualificabili come “colleghi” perché inviata senza sottoscrizione da un generico “ufficio legale” interno a una società, non è sottoposta al divieto di produzione in giudizio di cui all’art. 48, comma 1, c.n.f.

Ci corre infine l’obbligo di precisare che:

– con la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense “il potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense” e dunque non rientra più tra i compiti e le prerogative del Consiglio dell’Ordine;

– ne consegue che i pareri in materia deontologica che gli iscritti richiedono al Consiglio dell’Ordine vengono da questo rilasciati in termini generali e non assumono né possono assumere, in eventuali procedimenti disciplinari, alcuna funzione orientativa né tantomeno vincolante del giudizio del Consiglio Distrettuale di Disciplina né rilevare quali esimente dell’iscritto sotto il profilo soggettivo;

– pertanto, è possibile che il Consiglio Distrettuale di Disciplina, nella sua autonoma valutazione di comportamenti concretamente tenuti, possa pervenire a conclusioni diverse da quelle fatte proprie dal Consiglio.

NOTE:

  (1)  «La riservatezza della corrispondenza tra Colleghi, che tutela in definitiva la libertà del Difensore nella conduzione della lite, costituisce un canone essenziale che prevale, peraltro, salve le eccezioni previste espressamente, persino sul dovere di difesa» (C.N.F., sent. n. 194/2017)