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parere

Avvocato. Richiesta di pagamento di prestazioni professionali di domiciliazione.

E’ stato chiesto un parere sulla legittimità della richiesta di pagamento delle prestazioni professionali nei confronti di un Collega di un altro Foro, da cui era stata contattata per svolgere attività di domiciliazione in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, pur essendo stata inserita nel mandato ad litem nella veste di codifensore.
In relazione al problema in esame, il Consiglio, nel richiamare la giurisprudenza della Suprema Corte al riguardo (Cass. Civ., Sez. II, 2/12/2011, n.25816), ritiene che obbligato a corrispondere il compenso professionale al difensore per l'opera professionale richiesta non è necessariamente colui che ha rilasciato la procura alla lite, potendo anche essere colui che abbia affidato al legale il mandato di patrocinio, anche se questo sia stato richiesto e si sia svolto nell'interesse di un terzo.
In tale ipotesi si instaura, collateralmente al rapporto con la parte che abbia rilasciato la procura ad "ad litem", un altro distinto rapporto interno ed extraprocessuale regolato dalle norme di un ordinario mandato, in virtù del quale la posizione del cliente viene assunta non dal patrocinato, ma da chi ha richiesto per lui l'opera professionale.
Occorre, tuttavia, stabilire, in concreto, se il mandato di patrocinio provenga dalla stessa parte rappresentata in giudizio, o invece da un altro soggetto che abbia perciò assunto a proprio carico l'obbligo del compenso.
Invero, non è infrequente che una parte, la quale debba essere rappresentata e difesa in un giudizio destinato a svolgersi in una città diversa da quella della propria residenza, si rivolga ad un professionista della propria città, e che sia poi quest'ultimo a metterla in corrispondenza con un legale del Foro ove deve aver luogo il processo, al quale, talvolta congiuntamente con il legale con cui ha rapporto diretto, la parte medesima conferisce il mandato ad litem.
In questo caso, è possibile che la parte abbia inteso intrattenere un rapporto di clientela unicamente con il professionista che già conosceva, ed abbia conferito al legale dell'altro Foro soltanto la procura tecnicamente necessaria all'espletamento delle funzioni connesse all’attività di domiciliazione.
Peraltro, sempre secondo la tesi della Suprema Corte, può anche verificarsi che la parte abbia inteso direttamente conferire ad entrambi i legali il mandato di patrocinio (oltre che la procura ad litem), o che abbia comunque inteso conferirlo anche al legale del Foro della causa, per il tramite del professionista della città di sua residenza, potendo ben accadere che quest'ultimo commissioni l'incarico professionale al collega non solo per conto, ma anche in nome della parte rappresentata. Ed è evidente che, in siffatta ipotesi, è appunto la parte ad essere tenuta al pagamento del compenso professionale, e non invece il primo legale: per il noto principio secondo cui gli effetti del negozio compiuto dal rappresentante in nome e per conto del rappresentato si producono unicamente nella sfera giuridica di quest'ultimo.
Occorre, pertanto, accertare, di volta in volta, in quale di tali diverse situazioni si verta, essendo rilevanti le circostanze di riferimento (precedenti pagamenti, autentica del mandato, eventuale subalternità di uno dei due difensori sottoposto alle direttive dell’altro, ecc.), per la corretta ricostruzione dei rapporti fra le parti, in applicazione del principio enunciato nella sentenza richiamata, secondo cui può sussistere un contratto di patrocinio distinto dalla procura alle liti, senza la necessità del requisito della forma scritta, prescritto per la procura alle liti, ma non per il contratto di patrocinio.