Quesiti
Un Avvocato ha formulato a questo Consiglio i seguenti quesiti:
1. In che forma il difensore d’ufficio debba informare l’assistito dell’intervenuta nomina;
2. Se il difensore d’ufficio, in occasione della notifica di decreto penale di condanna, pur in assenza di qualsiasi comunicazione con l’assistito d’ufficio, ove ritenga utile agli interessi del condannato proporre opposizione, possa o debba proporre l’opposizione;
3. Se in caso di opposizione proposta da parte del difensore d’ufficio, ove il condannato non rinunzi e si avvalga dell’opposizione nominando un difensore di fiducia, il difensore d’ufficio abbia diritto di richiedere i compensi per l’attività svolta.
Risposte ai quesiti
In ordine al primo quesito, dalla semplice lettura dell’art. 27 del Codice Deontologico Forense, risulta chiaro che il difensore d’ufficio debba dare comunicazione all’assistito dell’incarico ricevuto, illustrando gli aspetti essenziali del procedimento e informandolo esplicitamente della facoltà di nominare un difensore di fiducia nonché della possibilità, nei casi consentiti, di accedere al patrocinio a spese dello Stato informandolo inoltre che il difensore d’ufficio deve essere retribuito a norma di legge (art.369 bis c.p.p. lett. d, e); detta informazione dovrà avvenire per scritto, manderà invece una comunicazione scritta, di solito, ma non normativamente prescritta nella forma della raccomandata.
In ordine al secondo quesito, se è vero che il difensore di ufficio deve difendere, non può difendere se non gli vengono fornite informazioni da parte dell’assistito. Sicché, posto che l’avvocato d’ufficio, anche se sprovvisto di procura speciale, è sempre legittimato a proporre opposizione al decreto penale di condanna, è evidente che possa agire secondo scienza e coscienza proponendo l’opposizione anche in considerazione del fatto che il condannato potrà sempre revocare l’opposizione proposta dal difensore.
Sull’opportunità di tale attività, la scelta è ovviamente rimessa al difensore che potrà, esaminati gli atti, valutare la convenienza dell’atto pur senza aver avuto contatto col condannato. (Cfr Cassazione sentenza n. 16597/2022. ; Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 7693 del 16 febbraio 2018 , Cass. n. 58015/2017; Cass. n. 43818/2015).
Pare opportuno però soffermarsi sul caso di opposizione a decreto penale di condanna con contestuale richiesta di riti speciali. In tal caso la mancanza di procura speciale per il rito richiesto determina l’inammissibilità della richiesta relativa a tale rito, ma non comporta l’inammissibilità dell’intera opposizione a decreto penale. [In applicazione di tale principio la Corte ha annullato il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari aveva dichiarato inammissibile l’opposizione a decreto penale di condanna con contestuale richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova, in un caso in cui la procura speciale non indicava, tra i riti alternativi per i quali il difensore era abilitato a proporre l’opposizione, quello disciplinato dall’art. 464-bis cod. proc. pen.. (Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 58015 del 29 dicembre 2017)].
In ordine al terzo quesito, posto che il difensore d’ufficio non è legato da un rapporto fiduciario alla persona assistita ma dall’adempimento di un obbligo di svolgimento dell’incarico e che la difesa d’ufficio ha natura sussidiaria rispetto alla difesa di fiducia in quanto interviene solo in mancanza di quest’ultima, o per difetto di designazione o per venir meno della difesa fiduciaria designata, e rappresenta la massima espressione della responsabilità sociale degli avvocati e che, quindi, la difesa d’ufficio si atteggia ed è un servizio di assistenza tecnica, come tale va retribuito (art. 31 disp att. c.p.p.). Ne consegue che il difensore abbia diritto a richiedere il compenso per le prestazioni effettivamente svolte. Ciò vale, in ogni caso, ove non vi sia rinunzia all’opposizione da parte del soggetto assistito e lo stesso si valga dell’attività svolta dal difensore d’ufficio.
Pertanto il difensore d’ufficio, per la prestazione della propria attività, dovrà essere retribuito dall’assistito, salvo che questi sia nelle condizioni di accedere al patrocinio a spese dello Stato, nel qual caso il compenso del difensore d’ufficio sarà liquidato dall’A.G. e posto a carico dello Stato con i criteri di cui all’art. 82 del DPR 115/2002, con riferimento “ai valori medi delle tariffe professionali vigenti”, i quali – secondo quanto di recente precisato dalla giurisprudenza di legittimità – fungono da limite massimo (cfr. Cass. Civ., Sez. II, Ordinanza 28 maggio 2021, n. 15006).
Ciò detto circa il quesito, ci corre infine l’obbligo di precisare che:
– con la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense “il potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense” e dunque non rientra più tra i compiti e le prerogative del Consiglio dell’Ordine;
– ne consegue che i pareri in materia deontologica che gli iscritti richiedono al Consiglio dell’Ordine vengono da questo rilasciati in termini generali e non assumono né possono assumere, in eventuali procedimenti disciplinari, alcuna funzione orientativa né tantomeno vincolante del giudizio del Consiglio Distrettuale di Disciplina né rilevare quali esimente dell’iscritto sotto il profilo soggettivo;
– pertanto, è possibile che il Consiglio Distrettuale di Disciplina, nella sua autonoma valutazione di comportamenti concretamente tenuti, possa pervenire a conclusioni diverse da quelle fatte proprie dal Consiglio.