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Coordinatore di Redazione:

Lapo Mariani

parere

Avvocato: sul divieto di produrre la corrispondenza scambiata con il collega

Fatto e quesito

E’ stato posto a questo Consiglio il seguente quesito: un avvocato, che ha avviato e concluso un procedimento ex art. 696 bis c.p.c. per conto di un cliente nei confronti di una pluralità di parti, si trova a dover procedere con il giudizio di merito nei confronti di una di esse (“intransigente”), che -unica tra le controparti- non ha sottoscritto un accordo transattivo a definizione della causa.

L’avvocato chiede un parere in merito alla producibilità in giudizio della corrispondenza (e dei relativi allegati) intercorsa tra il medesimo ed il legale dell’ “intransigente”, poiché quest’ultimo, costituendosi nel giudizio di merito, ha contestato tra l’altro di  aver partecipato attivamente alla trattativa che ha portato tutti gli altri all’accordo.

Risposta al quesito

Il canone deontologico che viene in considerazione nel caso di specie è l’art. 48 del Codice deontologico forense (“c.d.f.”), rubricato “Divieto di produrre la corrispondenza scambiata con il collega”.

L’articolo in commento, al primo comma, prevede che l’avvocato non possa produrre in giudizio la corrispondenza intercorsa esclusivamente tra colleghi qualora sia qualificata come riservata, nonché quella contenente proposte transattive e le relative risposte.

Il secondo comma dell’art 48 prevede due deroghe al divieto contenuto nel primo comma. L’avvocato può infatti produrre la corrispondenza intercorsa con i colleghi qualora la stessa

a)     costituisca perfezionamento e prova di un accordo

b)     assicuri l’adempimento delle prestazioni richieste.

La violazione del divieto di produzione disciplinato dall’art. 48 c.d.f. comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Dall’esposizione della fattispecie contenuta nel quesito emerge che i legali hanno negoziato per la conclusione di un accordo transattivo che però non è infine stato sottoscritto da una delle parti. Si ritiene che la fattispecie non integri i requisiti dell’accordo e che non possa rientrare fra le eccezioni previste dall’art. 48 c.d.f al divieto di produzione della corrispondenza scambiata fra legali.

Ci corre infine l’obbligo di precisare che:

– con la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense “il potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense” e dunque non rientra più tra i compiti e le prerogative del Consiglio dell’Ordine;

– ne consegue che i pareri in materia deontologica che gli iscritti richiedono al Consiglio dell’Ordine vengono da questo rilasciati in termini generali e non assumono né possono assumere, in eventuali procedimenti disciplinari, alcuna funzione orientativa né tantomeno vincolante del giudizio del Consiglio Distrettuale di Disciplina né rilevare quali esimente dell’iscritto sotto il profilo soggettivo;

– pertanto, è possibile che il Consiglio Distrettuale di Disciplina, nella sua autonoma valutazione di comportamenti concretamente tenuti, possa pervenire a conclusioni diverse da quelle fatte proprie dal Consiglio.