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parere

Avvocato: sulle attività incompatibili con il dovere di indipendenza, dignità e decoro della professione

1. Quesiti. Un avvocato ha richiesto a questo Consiglio due pareri relativi ad attività e qualità potenzialmente incompatibili con la professione di avvocato.

A. il primo quesito riguarda la possibilità per l’avvocato di favorire occasionalmente la vendita/distribuzione di prodotti di consumo per conto altrui, dietro riconoscimento di compensi.

B. Il secondo quesito riguarda la possibilità di acquisire una piccola partecipazione di quote nella società di famiglia in forma di s.r.l. che ha ad oggetto lo svolgimento di attività turistica.

2. Norme rilevanti e giurisprudenza.

Vengono in rilievo l’art. 6 “Dovere di evitare incompatibilità” del Codice deontologico forense (c.d.f.), l’art. 18 “Incompatibilità” della L. 31.12.12 n. 247 (Ordinamento forense)

Stabilisce l’art 6 del c.d.f. che:

“1. L’avvocato deve evitare attività incompatibili con la permanenza dell’iscrizione all’albo.

2. L’avvocato non deve svolgere attività comunque incompatibili con i doveri di indipendenza, dignità e decoro della professione forense”.

Stabilisce l’art. 18 della L. 31.12.12 n. 247 che:

1. La professione di avvocato è incompatibile:

a) con qualsiasi altra attività di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente, escluse quelle di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale, e con l’esercizio dell’attività di notaio. È consentita l’iscrizione nell’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, nell’elenco dei pubblicisti e nel registro dei revisori contabili o nell’albo dei consulenti del lavoro;

b) con l’esercizio di qualsiasi attività di impresa commerciale svolta in nome proprio o in nome o per conto altrui. È fatta salva la possibilità di assumere incarichi di gestione e vigilanza nelle procedure concorsuali o in altre procedure relative a crisi di impresa;

c) con la qualità di socio illimitatamente responsabile o di amministratore di società di persone, aventi quale finalità l’esercizio di attività di impresa commerciale, in qualunque forma costituite, nonché con la qualità di amministratore unico o consigliere delegato di società di capitali, anche in forma cooperativa, nonché con la qualità di presidente di consiglio di amministrazione con poteri individuali di gestione. L’incompatibilità non sussiste se l’oggetto della attività della società è limitato esclusivamente all’amministrazione di beni, personali o familiari, nonché per gli enti e consorzi pubblici e per le società a capitale interamente pubblico;

d) con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato”.

A. Per quanto riguarda il primo dei due quesiti, stante il tenore delle norme richiamate si rileva l’impossibilità di svolgere attività di vendita/distribuzione in proprio o per conto altrui.

Anche l’utilizzo della partita iva, rilasciata per codice di attività “studi legali”, per ricevere fatture al netto della R.A. appare improprio e, comunque, l’attività svolta non appare in linea con quanto prescritto al comma 2 dell’art. 6 del c.d.f.

B. Nessuna, incompatibilità sussiste invece nell’assumere la mera qualità di socio di una società di capitali.

La lettera c) dell’art. 18 è puntuale nel far discendere l’incompatibilità della professione forense con la qualità di socio illimitatamente responsabile, di amministratore di società di persone o di amministratore unico o consigliere delegato di società di capitali, anche in forma cooperativa, nonché con la qualità di presidente di consiglio di amministrazione con poteri individuali di gestione.

La stessa lettera c) prevede una eccezione: l’incompatibilità non sussiste se l’oggetto della attività della società è limitato esclusivamente all’amministrazione di beni, personali o familiari, nonché per gli enti e consorzi pubblici e per le società a capitale interamente pubblico.

L’avvocato, pertanto, può assumere la qualità di socio illimitatamente responsabile o assumere la carica di amministratore unico di società che si limitino all’amministrazione di beni personali o familiari.

Diversa, invece, l’assunzione della veste di socio di capitali senza alcun potere gestorio e senza essere illimitatamente responsabile, in quanto tale veste in ogni caso non comporta alcuna incompatibilità.

Questa l’ipotesi prevista nel quesito che, come detto, non integra alcun illecito disciplinare per assenza di incompatibilità.

3. Conclusioni.   

L’art. 6 del CDF, genericamente, afferma l’obbligo degli iscritti all’albo di evitare attività incompatibili con l’iscrizione medesima, aggiungendo al co. 2 che le attività non possono compromettere il dovere di indipendenza, quello della dignità e del decoro della professione, mentre l’art. 18 dell’Ordinamento forense indica in maniera più stringente le attività incompatibili con la professione forense, in particolare stabilendo alla lettera c) che l’avvocato è incompatibile  con la qualità di socio illimitatamente responsabile o di amministratore di società di persone, aventi quale finalità l’esercizio di attività di impresa commerciale, in qualunque forma costituite, nonché con la qualità di amministratore unico o consigliere delegato di società di capitali, anche in forma cooperativa, nonché con la qualità di presidente di consiglio di amministrazione con poteri individuali di gestione. L’incompatibilità non sussiste se l’oggetto della attività della società è limitato esclusivamente all’amministrazione di beni, personali o familiari, nonché per gli enti e consorzi pubblici e per le società a capitale interamente pubblico.

L’avvocato, pertanto, può assumere la qualità di socio illimitatamente responsabile o assumere la carica di amministratore unico di società che si limitino all’amministrazione di beni personali o familiari.

L’assumere da parte dell’avvocato la mera qualità di socio di una società di capitali non comporta alcuna incompatibilità.

Ciò detto circa i quesiti, ci corre infine l’obbligo di precisare che:

– fatti salvi i compiti e poteri del Consiglio dell’Ordine, tramite apposita Commissione, di verifica della compatibilità dell’iscrizione caso per caso, con la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense “il potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense” e dunque non rientra più tra i compiti e le prerogative del Consiglio dell’Ordine;

– ne consegue che i pareri in materia deontologica che gli iscritti richiedono al Consiglio dell’Ordine vengono da questo rilasciati in termini generali e non assumono né possono assumere, in eventuali procedimenti disciplinari, alcuna funzione orientativa né tantomeno vincolante del giudizio del Consiglio Distrettuale di Disciplina né rilevare quali esimente dell’iscritto sotto il profilo soggettivo;

– pertanto, è possibile che il Consiglio Distrettuale di Disciplina, nella sua autonoma valutazione di comportamenti concretamente tenuti, possa pervenire a conclusioni diverse da quelle fatte proprie dal Consiglio.