1. Quesito
Un Avvocato chiede a questo Consiglio se può sottoscrivere una convenzione con un’ Associazione di tutela dei consumatori alle seguenti condizioni:
L’Associazione stabilirebbe la propria sede locale presso lo studio dell’Avvocato fornendo il cellulare di quest’ultimo ed una casella di posta elettronica dedicata ove potranno scrivere le persone interessate ad associarsi. I contatti verrebbero gestiti da un volontario dell’Associazione, che è il praticante Avvocato dello Studio Legale. Le problematiche degli associati verrebbero trattate e risolte dai legali dello Studio, in base ad un tariffario calmierato.
2. Norme rilevanti
La richiesta chiede di esprimere un parere in merito alla possibilità per l’avvocato di sottoscrivere una convenzione con un’associazione di tutela dei consumatori allo scopo di offrire servizi legali, nei termini genericamente indicati nella stessa richiesta, ai soggetti associati con il centro convenzionato con lo studio legale.
Sono norme rilevanti ai fini della risposta al quesito:
l’art. 9 del c.d.f. che stabilisce che “1. L’avvocato deve esercitare l’attività professionale con indipendenza, lealtà, correttezza, probità, dignità, decoro. Diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo costituzionale e sociale della difesa, rispettando i principi della corretta e leale concorrenza.
(…)”
L’art. 37 c.d.f. che stabilisce che: “1. L’avvocato non deve acquisire rapporti di clientela a mezzo di agenzie o procacciatori o con modi non conformi a correttezza e decoro.
2. L’avvocato non deve offrire o corrispondere a colleghi o a terzi provvigioni o altri compensi quale corrispettivo per la presentazione di un cliente o per l’ottenimento di incarichi professionali.
3. Risposta al quesito
Le norme indicate non proibiscono all’avvocato la stipulazione di convenzioni con enti rappresentativi di interessi di varia natura per la fornitura di servizi legali ai loro associati, purché gli accordi rispettino i principi stabiliti dal codice deontologico anche così come interpretati dalla giurisprudenza del Consiglio Nazionale Forense (CNF) .
Stando alle interpretazioni che delle norme citate ha fornito il Consiglio Nazionale Forense, non sono consentite le seguenti condotte:
a) stabilire presso lo studio legale la sede dell’associazione (C.N.F., sentenza del 7 marzo 2016, n. 29. In senso conforme, tra le altre, C.N.F., sentenza del 16 aprile 2014, n. 46; C.N.F., sentenza del 29 novembre 2012, n. 170);
b) offrire servizi legali di assistenza giudiziale gratuiti o a prezzi irrisori (C.N.F., sentenza del 28 dicembre 2017, n. 245);
c) diffondere materiale pubblicitario dello studio legale presso la sede dell’agenzia con la pubblicazione del fatto che i servizi sono offerti a titolo gratuito (C.N.F., , sentenza del 5 luglio 2004, n. 145; C.N.F., sentenza 11 aprile 2003, n. 60).
In maniera coerente con la giurisprudenza del C.N.F. appena indicata, si deve ritenere che violi l’art. 37 del c.d.f. anche l’indicazione del numero di cellulare dell’avvocato sul materiale che indica i contatti e la sede dell’associazione.
Nei limiti indicati la stipulazione di una Convenzione per la fornitura a prezzi agevolati (ma non irrisori) di servizi legali a opera dell’avvocato e in favore di un’associazione rappresentativa di interessi di categoria è consentita.
Ciò detto circa il quesito, ci corre infine l’obbligo di precisare che:
– con la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense “il potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense” e dunque non rientra più tra i compiti e le prerogative del Consiglio dell’Ordine;
– ne consegue che i pareri in materia deontologica che gli iscritti richiedono al Consiglio dell’Ordine vengono da questo rilasciati in termini generali e non assumono né possono assumere, in eventuali procedimenti disciplinari, alcuna funzione orientativa né tantomeno vincolante del giudizio del Consiglio Distrettuale di Disciplina né rilevare quali esimente dell’iscritto sotto il profilo soggettivo;
– pertanto, è possibile che il Consiglio Distrettuale di Disciplina, nella sua autonoma valutazione di comportamenti concretamente tenuti, possa pervenire a conclusioni diverse da quelle fatte proprie dal Consiglio.