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parere

Avvocato. Utilizzabilità del titolo di mediatore e del termine di mediazione familiare quale competenza accessoria, da indicare successivamente al titolo di avvocato. Rapporti con lo svolgimento della professione forense.

E’ stato chiesto se sia consentito ad un avvocato l’utilizzazione dei termini mediatore e mediazione familiare quale competenza accessoria, da indicare successivamente al titolo di avvocato ed in posizione di minor rilievo.
Il Consiglio dell’Ordine si è espresso affermando che ciò è possibile alla condizione che sia preventivamente esibita al Consiglio la documentazione attestante il percorso formativo che ha condotto all’acquisizione del titolo di mediatore.
Ciò premesso, qualora in esito alle valutazioni del Consiglio dell’Ordine, il curriculum formativo risultasse inadeguato, l’uso dei termini mediatore e mediatore familiare costituirebbe illecito disciplinare.
Il legittimo svolgimento di prestazioni di mediazione familiare, potrà avvenire negli stessi locali ove si svolge l’attività di avvocato, ma se a titolo oneroso, il corrispettivo non potrà essere determinato in relazione alla vigente tariffa forense.
Il Consiglio infine precisa che anche solo l’inizio della mediazione impedisce all’avvocato che abbia svolto le funzioni di mediatore familiare l’assistenza giudiziale o stragiudiziale delle parti nonché di alcuno o contro alcuno dei familiari coinvolti nella stessa, anche se l’assistenza fosse finalizzata, nel caso di esito positivo, all’adempimento della conciliazione ad anche tramite interposizione di altri avvocati.
L’interposizione si presume nel caso di avvocati che siano parenti fino al 2° grado, coniuge, associati e colleghi di studio dell’avvocato che ha svolto le funzioni di mediatore.
L’assistenza e la difesa delle parti sono consentite solo nel caso di mediazione riuscita, nei casi di separazione o divorzio consensuali; ma anche il tal caso, è vietata la proposizione di eventuali azioni concernenti (o che fossero promosse da) parenti o terzi.