E’ stato chiesto parere circa la sussistenza, o meno, di cause di incompatibilità tra l’esercizio della professione di praticante abilitato al patrocinio e la qualifica di socio e/o consigliere di amministrazione di una società a responsabilità limitata.
Il Consiglio dell’Ordine si è così espresso. Premesso che l’art. 3 del R.D.L. 27 Novembre 1933 n. 1578 prevede l’incompatibilità tra l’esercizio della professione di avvocato e l’esercizio del commercio in nome proprio o in nome altrui e che l’art. 13 del R.D. 22 Gennaio 1934 n. 37 stabilisce che ai praticanti ammessi al patrocinio si applicano le disposizioni sulle incompatibilità contenute nel succitato art. 3 del R.D.L. n. 1578/1933, nel caso di un avvocato (o di un praticante ammesso al patrocinio) che ricopra la carica di consigliere di amministrazione di una società di capitali (la quale costituisce ontologicamente un’impresa commerciale) l’incompatibilità con l’esercizio della professione forense sussiste (solo) se la carica stessa comporti effettivi poteri di gestione (sia interna che esterna e sia ordinaria che straordinaria) o di rappresentanza (Sent. Cass. Civ. Sez. Unite, 5 gennaio 2007, n. 37; Cons. Nazionale Forense, 2 Maggio 2006, n. 24; Cons. Nazionale Forense, 26 Giugno 2003, n. 165).
L’incompatibilità, quindi, non sussiste se l’avvocato (o il praticante ammesso al patrocinio) rivesta la carica di consigliere di amministrazione senza che gli siano conferiti poteri di gestione o di rappresentanza.
Ovviamente nessuna incompatibilità con l’esercizio della professione forense sussiste per il semplice fatto che l’avvocato (o il praticante ammesso al patrocinio) rivesta la qualifica di socio di una società di capitali, dato che detta qualifica, di per sé, non comporta in alcun modo l’esercizio di un’impresa e/o di un’attività commerciale.
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