La sentenza in commento trae origine da un procedimento nel quale il Giudice di Pace non aveva ammesso un teste a prova contraria di cui era stata chiesta l’escussione dalla difesa dell’imputato, che non aveva provveduto a depositare una propria lista testi. Nell’esaminare il relativo ricorso, la Suprema Corte muove dalla sussistenza di due opposti orientamenti giurisprudenziali, ritenendo tuttavia di dover aderire a quello che riconosce l’operatività del termine perentoria di cui all’art. 468, co. 1 c.p.p. solo ed esclusivamente con riferimento alla prova diretta e non anche rispetto a quella contraria. Infatti, precisano i Giudici di legittimità, la soluzione inversa finirebbe per vanificare il diritto alla controprova che costituisce espressione fondamentale del diritto di difesa, costituzionalmente garantito. Per questi motivi, viene annullata la sentenza impugnata con rinvio al competente Giudice di Pace per nuovo giudizio.
A cura di Elena Borsotti