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giurisprudenza

L’avvocato che si cancella non ha diritto alla restituzione dei contributi integrativi (Cass., Sez. Lav., 13 luglio 2020, n. 14883)

Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione ribadisce un rilevante principio in materia contributiva, già affermato in precedenti pronunce (da ultimo Cass. n. 30571 del 22 novembre 2019 ed in precedenza Cass. n. 19255 del 2019; Cass. n. 4980 del 2018; Cass. n. 19981 del 2017; Cass. n. 12909 del 2011).

La Suprema Corte di Cassazione riafferma infatti quanto segue: in caso di inefficacia dell’iscrizione o di cancellazione dall’albo, l’avvocato ha diritto al rimborso dei soli contributi soggettivi e non anche di quelli integrativi, stante la loro funzione solidaristica rinvenibile nella disciplina contenuta dalla L. n. 576/1980, art. 11. Poiché l’obbligo del versamento del contributo integrativo è strettamente inerente alla prestazione professionale in virtù dell’iscrizione all’albo, ne discende che non viene indebitamente percepito dalla Cassa nel periodo di iscrizione, ma legittimamente riscosso.

Nel caso di specie, a seguito di delibera di cancellazione dall’albo dell’avvocato, veniva disposto l’annullamento retroattivo del rapporto previdenziale. Nel giudizio di merito veniva accertato l’obbligo della Cassa di restituire i contributi relativi agli anni di iscrizione dichiarati inefficaci, sia quelli soggettivi che quelli integrativi.

In base al principio sopra espresso la decisione di merito veniva cassata con rinvio.

A cura di Silvia Ventura

Allegato:
14883-2020