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giurisprudenza

In tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, il danno non patrimoniale si presume sino a prova contraria (Cass., Sez. II, 20 gennaio 2014, n. 1070)

Con la pronuncia in rassegna la Suprema Corte afferma il principio alla stregua del quale, in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, il danno non patrimoniale, in quanto conseguenza normale (ancorché non automatica e necessaria) della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, si presume sino a prova contraria, onde nessun onere di allegazione può essere addossato al ricorrente, essendo semmai l'Amministrazione resistente a dover fornire elementi idonei a farne escludere la sussistenza in concreto. Il diritto all'equa riparazione derivante dal danno subito dalla parte per violazione del principio di ragionevole durata del processo si presume, dunque, sino a prova contraria con la conseguenza che graverà sull'amministrazione resistente l'onere di provare fatti a sostegno della ragionevolezza della durata del processo (ad esempio, a causa della complessità intrinseca della vicenda) e non sul privato ricorrente.

a cura di Alessandro Iandelli