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giurisprudenza

Condannato il praticante Avvocato che, mediante un’attività truffaldina, distraeva per sé denaro in realtà destinato al proprio dominus (Cass., Sez. II Pen., 25 marzo 2014, n. 13916)

Nel caso sottoposto al vaglio della Seconda Sezione della Corte di Cassazione è stata confermata la sentenza di condanna emessa nei gradi di merito, nei confronti di un praticante avvocato il quale, grazie ad un “marchingegno continuativo” costituito dall'intreccio di diverse pratiche ad esso affidate dallo studio del proprio dominus, nonché dall'utilizzo del denaro destinato ad alcune di esse da far valere su altre posizioni, per celare momentaneamente l'inganno è riuscito ad intascare, nell'arco temporale di ben 8 anni, ingenti somme di denaro provenienti da procedure esecutive immobiliari instaurate dal cliente dello studio presso il quale l'imputato esercitava la pratica forense.
I giudici di legittimità hanno altresì avuto modo di poter chiarire che, nel caso in esame, il delitto di truffa si è atteggiato a c.d. condotta frazionata: in altri termini, la condotta delittuosa e l'evento, sorretti da una medesima originaria ideazione, si sono protratti nel tempo, di talchè le singole ed autonome azioni truffaldine si debbono apprezzare e valutare come singoli momenti di un'unica azione lesiva. Ne consegue che il momento della consumazione del reato, idoneo a far scattare la decorrenza della prescrizione, non può essere valutato in relazione alle singole condotte, bensì va individuato nel venir meno di tutti gli effetti della condotta decettiva diretta al nascondimento dell'illecito che, nella specie, è avvenuto con la scoperta da parte delle persone offese della propria deminutio patrimonii.
 
a cura di Devis Baldi