Nel caso in esame un avvocato aveva falsificato il dispositivo della decisione utilizzando la firma apposta dal giudice in altra sentenza nonché l’avviso di deposito relativo a diverso processo. All’esito del procedimento penale promosso a suo carico per il reato di falsità materiale ex artt. 476, 482 c.p. dal Tribunale di Ancona, il legale veniva sottoposto altresì a procedimento disciplinare che si concludeva con la sanzione della sospensione dall’esercizio professionale per due mesi. L’avvocato aveva effettivamente violato i doveri di probità, dignità e decoro, nonché l’obbligo di informazione verso il cliente. L’impugnazione tardivamente proposta dal legale innanzi al C.N.F. veniva rigettata, come pure la successiva impugnazione innanzi alla Corte di Cassazione. La Suprema Corte, a fronte delle doglianze della ricorrente, ha precisato che l’omessa valutazione della causa di non punibilità maturata nella fase di giudizio, ovvero la prescrizione, e il mancato accoglimento dell’istanza di rimessione in termini – sollecitata dalle gravissime condizioni di salute che avrebbero afflitto il legale – si giustificano considerando che la prescrizione è una questione di merito, e necessariamente presuppone l’ammissibilità dell’impugnazione, che nella fattispecie è tuttavia tardiva. Per quanto attiene la rimessione in termini, correttamente il C.N.F. aveva ritenuto che l’impedimento denunciato non fosse assoluto.
a cura di Guendalina Carloni