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giurisprudenza

Sui limiti della pubblicità informativa dell’attività professionale: è illecito deontologico pubblicare un messaggio pubblicitario su rivista enfatizzando la competitività dei prezzi anche graficamente (C.N.F., 29 ottobre 2011, n. 34/12)

Il caso affrontato nella decisione in commento è quello di cinque avvocati ai quali era stata contestata “… la violazione del combinato disposto degli artt. 17 bis e 19 C.D.F. per aver diretto comunicazioni ed informazioni sulla propria attività professionale, utilizzando in modo improprio mezzi consentiti e comunque in modo incompleto rispetto alle indicazioni obbligatorie normate. Il tutto con contenuto, forma e modalità irrispettose della dignità e decoro della professione, con locuzioni integranti messaggio pubblicitario e promozionale ad ampia divulgazione con la pubblicazione di un box pubblicitario sul quotidiano “City” n. 29 del 16/02/2009.”
Il Consiglio dell’Ordine di appartenenza dei legali, al termine del procedimento disciplinare, riconosciuta la responsabilità degli stessi, irrogava loro la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione per due mesi.
Gli avvocati incolpati proponevano ricorso davanti al CNF.
Il CNF, investito della questione, mostrava di condividere pienamente la ricostruzione operata dal COA che aveva sottolineato che la rilevanza deontologica della condotta degli incolpati risultava provata oltre che dalle testimonianze acquisite in sede di istruttoria dibattimentale, anche e soprattutto dalle specifiche caratteristiche proprie del messaggio pubblicitario inserito nel box. Questo infatti, a giudizio del COA, era connotato da slogan sull’attività svolta dai legali, ai quali si accompagnava una grafica tale da porre una evidente enfasi sul dato economico e su altre informazioni rappresentate in modo da costituire un’indebita offerta di servizi e/o prestazioni professionali dirette all’indistinto e scarsamente competente pubblico dei lettori. I contenuti proposti con l’inserto pubblicitario, continuava il COA, apparivano inoltre equivoci, suggestivi ed eccedenti il carattere informativo consentito.
Il CNF, nel condividere il pensiero del COA, assumeva che l’art. 2 del D.L. 223/2006 conv. in L. 248/2006 con il quale si consentiva la pubblicità informativa delle attività professionali, non ha abrogato l’art. 38 del R.D.L. 1578/1933 il quale statuisce la sottoposizione a procedimento disciplinare di quegli avvocati che si rendano colpevoli, tra l’altro, di fatti non conformi alla dignità e al decoro professionale. Alla luce di ciò le norme deontologiche relative alla pubblicità (artt. 17 e 17 bis) devono essere lette ed interpretate nel quadro generale del contesto normativo in cui si sono inserite.
Ne discende che la pubblicità informativa deve essere svolta con modalità che non siano lesive della dignità e del decoro propri di ogni pubblica manifestazione dell’avvocato e, in particolare, di quelle manifestazioni dirette alla clientela reale o potenziale.
La pubblicità mediante la quale il professionista, al fine di influenzare la scelta dei potenziali clienti e senza adeguati requisiti informativi, offra prestazioni professionali, viola le prescrizioni normative, integrando il messaggio modalità attrattive della clientela operate con mezzi suggestivi ed incompatibili con la dignità ed il decoro.
Nel caso di specie, continua il CNF, la pubblicità posta in essere era da considerarsi impropria e quindi operata in violazione delle norme del codice deontologico in relazione al contesto in cui appariva ed al contenuto, da ritenersi accattivante, per il messaggio circa una competitività sui prezzi nonché per la dimensione variabile dei caratteri.
Ancora. Nel tipo di messaggio in parola si riscontrava una marcata natura commerciale, in quanto volto a persuadere il cliente, eccedendosi però l’ambito informativo previsto dalla norma deontologica. La proposta commerciale che offra servizi professionali a costi molto bassi lede il decoro della professione a prescindere dalla corrispondenza o meno alle indicazioni tariffarie, dovendosi considerare l’adeguatezza del compenso al valore e all’importanza della singola attività posta in essere.
Il CNF, pertanto, concludeva ritenendo sussistente l’illecito deontologico tuttavia, presi in considerazione ai fini della determinazione della sanzione più idonea da irrogarsi tutti gli elementi di cui all’art 133 c.p., sostituiva alla irrogata sospensione la più lieve sanzione dell’avvertimento.  
 

a cura di Silvia Ammannati

 

Allegato:
34-2011