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giurisprudenza

L’avviso al Consiglio dell’Ordine Forense territorialmente competente previsto dall’art. 103 c.p.p., comma 3 è dovuto sia nel caso in cui il titolare dello studio legale non sia ancora iscritto nel registro degli indagati, sia nel caso in cui lo studio legale risulti cointestato anche ad altro avvocato non coinvolto nelle indagini (Cass., Sez. II Pen., 9 ottobre 2012, n. 39837)

 La Corte di Cassazione con la sentenza in commento si pronuncia in relazione alla ammissibilità ed ai limiti del sequestro probatorio di beni presenti in uno studio professionale. La Suprema Corte ribadisce i seguenti principi di diritto: 1) il sequestro probatorio di beni presenti in uno studio professionale è ammissibile solo ove costituiscono il corpo del reato o su quelli strettamente connessi all'affare illecito oggetto di indagini e la scelte delle cose da sottoporre a sequestro deve essere effettuata a monte delle operazioni di sequestro; 2) le garanzie previste in materia dall'art. 103 c.p.p. non trovano applicazione qualora gli atti di indagine indicati dalla norma debbano essere compiuti nei confronti di esercente la professione legale sottoposto ad indagine; 3) l'avviso al Consiglio dell'Ordine Forense territorialmente competente previsto dall'art. 103 c.p.p., comma 3 è dovuto sia nel caso in cui il titolare dello studio legale all'interno del quale debbano essere eseguite gli atti di indagine indicati non sia ancora iscritto nel registro degli indagati, sia nel caso in cui lo studio legale risulti cointestato anche ad altro avvocato non coinvolto nelle indagini; 4) in ogni caso ove gli atti sequestrati fossero pertinenti ad altri avvocati non indagati e presenti nello studio, solamente questi sarebbero legittimati a proporre richiesta di riesame a norma dell'art. 257 c.p.p. Nel caso di specie il sequestro probatorio avveniva in relazione ad atti precedentemte individuati dal P.M. presenti all’interno dello studio del ricorrente  avvocato già iscritto nel registro degli indagati e pertanto non poteva invocare l’applicazione delle garanzie di cui all’art. 103, comma 3 c.p.p. Atteso poi che nell’ambito del ricorso lo stesso non specificava il ruolo e l’autonomia degli altri professionisti all’interno dello studio, nè la riferibilità a questi degli atti sequestrati e considerato che comunque in questo caso non avrebbe avuto alcuna legittimazione attiva nella richiesta di riesame, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto, confermando la legittimità del sequestro probatorio operato su documenti presenti nello studio del ricorrente.

a cura di Silvia Ventura

Allegato:
39837-2012