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giurisprudenza

Nel processo penale è inammissibile l’istanza di rinvio inviata a mezzo e-mail alla cancelleria (Cass., Sez. III Pen., 13 febbraio 2014, n. 7058)

Con la sentenza in rassegna la Suprema Corte riafferma il consolidato principio, stando al quale nel processo penale è inammissibile l'istanza di rinvio dell'udienza per concomitante impegno del difensore trasmessa via telefax, poiché l'art. 121 c.p.p. stabilisce l'obbligo per le parti di presentare le memorie e le richieste rivolte al giudice mediante deposito in cancelleria, mentre il ricorso al telefax è riservato soltanto ai funzionari di cancelleria ai sensi dell'art. 150 c.p.p. Peraltro, la Corte precisa che tale principio, espresso a proposito dell'uso del telefax, trova applicazione anche per tutte quelle “forme particolari di notificazione disposte dal giudice”, cui si riferisce l'art. 150 c.p.p., e, dunque, anche in quei casi – come quello oggetto di esame – in cui la comunicazione sia stata eseguita a mezzo posta elettronica. Del resto nel caso di specie la comunicazione in questione era stata eseguita mediante l'indirizzo mail "privato" di posta elettronica del difensore e non a mezzo di posta elettronica certificata, modalità non riconosciuta dalla legge. Per completezza, peraltro, la Corte chiarisce come comunque, a differenza di quanto previsto per il processo civile, nel processo penale tale forma di trasmissione, per le parti private, non sarebbe stata in ogni caso idonea per comunicare l'impedimento, poiché nel processo civile l'art. 366 c.p.c., comma 2, ha introdotto espressamente la PEC quale strumento utile per le notifiche degli avvocati autorizzati. Analoga norma non v’è, invece, per il processo penale: ne consegue, pertanto, che per la parte privata l'uso di tale mezzo informatico di trasmissione non è – allo stato – consentito quale forma di comunicazione e/o notificazione.

a cura di Alessandro Iandelli