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giurisprudenza

All’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato decidere sulle conseguenze del mancato tempestivo deposito in appello della sentenza di primo grado (Cons. St., Sez. II, Ord. 18 novembre 2024, n. 9225)

Con l’ordinanza in esame il Consiglio di Stato ha rimesso all’Adunanza Plenaria la questione relativa alle conseguenze processuali del mancato tempestivo deposito nel giudizio di appello della sentenza di primo grado.

Secondo l’orientamento tradizionale, condiviso dallo stesso Giudice rimettente e fondato sull’art. 94 c.p.a., il mancato deposito della sentenza impugnata entro trenta giorni dall’ultima notificazione del ricorso in appello comporterebbe l’inammissibilità dell’appello medesimo, in quanto il suddetto termine sarebbe posto a pena di decadenza, a garanzia delle esigenze di ordine pubblico processuale, indisponibili per le parti, funzionali al regolare svolgimento del giudizio.

Il tempestivo deposito della sentenza impugnata sarebbe infatti funzionale all’attuazione di ulteriori istituti processuali (come quelli volti alla sollecita definizione del giudizio) che presuppongono la tempestiva conoscenza della sentenza di primo grado da parte del giudice di appello.

Inoltre, secondo la sezione rimettente, il deposito della sentenza di primo grado sarebbe funzionale a far conoscere al giudice dell’appello la data della eventuale notificazione della stessa sentenza impugnata, così da consentirgli di verificare la tempestività dell’impugnazione.

Viceversa, secondo un più recente ma minoritario orientamento, che applica al diritto di difesa i principi di ragionevolezza e proporzionalità, il termine di 30 giorni fissato a pena di decadenza dall’art. 94 c.p.a. riguarderebbe solo il deposito dell’atto di appello, ma non il deposito della sentenza di primo grado, che potrebbe essere prodotta anche nel corso del giudizio, fino al momento del passaggio in decisione della causa, tanto più in considerazione del fatto che nel processo amministrativo telematico il fascicolo digitale di primo grado è collegato a quello di appello e consente al giudice di secondo grado di accedere d’ufficio alla sentenza impugnata senza necessità della relativa attività della parte.

A cura di Giovanni Taddei Elmi