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giurisprudenza

Anche dopo l’abrogazione delle tariffe l’avvocato può chiedere un decreto ingiuntivo per il pagamento dei propri onorari, allegando parere di congruità del COA redatto in base ai parametri forensi (Cass., Sez. Un., 8 luglio 2021, n. 19427)

La pronuncia in commento trae origine dalla richiesta del Procuratore generale presso la Corte di Cassazione di enunciazione, nell’interesse della legge ex art. 363 c.p.c., di un principio di diritto che superasse l’orientamento del Tribunale di Roma che aveva affermato la tacita abrogazione dell’art. 636 c.p.c. in conseguenza dell’eliminazione del sistema tariffario forense ad opera della L. n. 27/2012 (e dunque l’impossibilità per l’avvocato di chiedere un decreto ingiuntivo per il pagamento dei propri onorari allegando, in assenza di accordo con il cliente sul compenso, il parere di congruità del COA).

La Corte accoglie la richiesta, rilevando in primo luogo che, ai fini della validità del contratto di patrocinio (sotto il profilo della determinabilità dell’oggetto), non è necessario che il contratto stabilisca la misura del compenso, il che si deduce dalla possibilità di supplire a tale mancanza, ai sensi degli artt. 2233 c.c. e 13 L. n. 247/2012, attraverso la determinazione giudiziale (come pure in caso di non equità del compenso, ai sensi dell’art. 13-bis L. n. 247/2012).

Tale determinazione giudiziale deve avvenire, a norma delle disposizioni speciali sopra citate, sulla base dei parametri ministeriali, che dunque si pongono in un rapporto di forte analogia, se non sostanziale omogeneità, con le tariffe abrogate, operando anch’essi -come quest’ultime- quale fonte sussidiaria e suppletiva.

Gli argomenti esposti dal Tribunale di Roma in senso contrario a tale equiparazione -basati sul rischio di reintrodurre surrettiziamente le tariffe in violazione delle norme europee comunitarie, e sulle differenze tra sistema tariffario e parametrico- sono giudicati infondati dalla Corte, avendo la Corte di giustizia ritenuto la disciplina nazionale in tema di minimi e massimi tariffari conforme al sistema comunitario (Corte di giustizia 19 febbraio 2002, n. 35, Arduino, C-35/99), e distinguendosi i parametri dalle tariffe solo sotto il profilo della tecnica di liquidazione (più semplice e comprensibile), ma non sulla funzione essenziale del meccanismo.

In secondo luogo, la Corte rileva l’infondatezza anche dell’argomento letterale tratto dalla formulazione dell’art 9 c.5 L. n. 27/2012 (“Sono abrogate le disposizioni vigenti che, per la determinazione del compenso del professionista, rinviano alle tariffe di cui al comma 1”), giacché, non solo manca negli artt. 633 e 636 c.p.c. (come pure nelle disposizioni della legge professionale che contemplano il parere di congruità del COA) ogni riferimento alle tariffe -cosicché non può configurarsi alcuna abrogazione espressa-, ma neppure può ravvisarsi un’abrogazione tacita per incompatibilità, la quale ricorre solo quando tra le norme precedenti e quelle successive vi sia una contraddizione tale da renderne impossibile la contemporanea applicazione, cosicché dall’applicazione ed osservanza della nuova legge non possono non derivare la disapplicazione o l’inosservanza dell’altra (Cass. Sez. Un. 16 maggio 2013, n. 11833); ipotesi, queste, non ricorrenti nel caso di specie, una volta che l’intero complesso normativo dà conto della possibilità di una liquidazione giudiziale del compenso professionale ancorata a parametri predeterminati.

La tesi secondo cui lo smantellamento del sistema tariffario avrebbe comportato l’abrogazione tout court di tutte quelle norme che lo richiamano, inoltre, produrrebbe l’effetto paradossale di privare il giudice del ruolo che l’ordinamento espressamente gli attribuisce nella determinazione del compenso, in funzione di garanzia per entrambe le parti del contratto di prestazione d’opera intellettuale.

Piuttosto, l’effetto abrogativo deve ritenersi limitato solo alla parte in cui la norma rinvia alla fonte di rango inferiore ormai soppressa, lasciando per il resto in tutto e per tutto inalterata la relativa struttura: la previsione del diverso criterio di liquidazione dei compensi, costituito dai parametri, comporta l’effetto sostitutivo dell’elemento abrogato con il nuovo sistema, ritenuto dal legislatore più congruo e agevole rispetto al precedente.

Pertanto, in accoglimento della richiesta del Procuratore generale, vengono enunciati i seguenti principi di diritto: “In tema di liquidazione del compenso all’avvocato, l’abrogazione del sistema delle tariffe professionali per gli avvocati, disposta dal D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito dalla L. 27 marzo 2012, n. 27, non ha determinato, in base all’art. 9 D.L. n. cit., l’abrogazione dell’art. 636 c.p.c. Anche a seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 1 del 2012, convertito dalla L. n. 27 del 2012, l’avvocato che intende agire per la richiesta dei compensi per prestazioni professionali può avvalersi del procedimento per ingiunzione regolato dagli artt. 633 e 636 c.p.c., ponendo a base del ricorso la parcella delle spese e prestazioni, munita della sottoscrizione del ricorrente e corredata dal parere della competente associazione professionale, il quale sarà rilasciato sulla base dei parametri per compensi professionali di cui alla L. 31 dicembre 2012, n. 247, e di cui ai relativi decreti ministeriali attuativi”.

A cura di Stefano Valerio Miranda