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giurisprudenza

Compenso negato se l’avvocato non dimostra l’effettivo svolgimento dell’attività difensiva (Cass., Sez. VI, Ord., 22 gennaio 2021, n. 1421)

Con la pronuncia in oggetto la Corte di Cassazione ha affrontato il tema della corresponsione del compenso professionale nel caso di un mandato congiunto. Un avvocato chiedeva dinanzi al Tribunale la condanna dei convenuti al pagamento delle proprie prestazioni professionali. La domanda veniva rigettata in primo grado e accolta solamente in parte in sede di gravame. La pronuncia veniva poi impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione. Con il primo motivo il ricorrente lamentava la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 del D.M. n. 392 del 1990, perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente escluso il riconoscimento del suo compenso per l’attività prestata assieme all’altro difensore durante tutte le fasi del giudizio. Ad avviso del ricorrente, il conferimento del mandato congiunto avrebbe infatti configurato una presunzione di riferibilità dell’intera attività difensiva espletata nel giudizio da entrambi i difensori. Tuttavia come ricordano i giudici di legittimità non v’è traccia di una simile presunzione nell’ordinamento, essendo il professionista sempre onerato, in presenza di contestazione della parte assistita, di offrire la duplice prova del conferimento dell’incarico e dell’effettivo svolgimento dell’attività per la quale egli pretende di essere pagato (ex multi Cass. Sez. 2, sent. n. 2701/20049). In altri termini in difetto di tale prova, la richiesta dell’avvocato non può trovare accoglimento, perché il professionista matura il diritto al compenso non già in astratto, ma con riferimento all’opera da egli effettivamente svolta in esecuzione del mandato ricevuto dal cliente. Lo stesso principio è tra l’altro in linea con quanto previsto dalla normativa sugli onorari professionali secondo cui: “Se più avvocati sono incaricati della difesa, ciascuno di essi ha diritto, nei confronti del cliente, agli onorari per l’opera prestata” (art. 6 della legge n. 794 del 1942). Nel caso di specie infatti il ricorrente non aveva fornito alcuna prova di aver svolto l’attività professionale per la quale aveva richiesto il pagamento, ad eccezione della predisposizione dell’atto introduttivo del giudizio. Inoltre risultava altresì provato che tutti gli atti del giudizio successivi alla predisposizione del ricorso erano stati sottoscritti esclusivamente dall’altro legale nominato nel mandato. Per tali motivi i giudici di legittimità respingevano il ricorso dichiarandolo sul punto inammissibile.

 

A cura di Brando Mazzolai