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giurisprudenza

Con la morte dell’avvocato il processo si interrompe (Cass., Sez. VI, Ord., 3 maggio 2022, n. 13976)

Con la pronuncia in oggetto la Corte di Cassazione torna ad affrontare l’istituto dell’interruzione del processo previsto ai sensi dell’art. 301 c.p.c.
Nel caso di specie parte ricorrente invocava la nullità degli atti processuali e della sentenza emessa dalla Corte di appello sostenendo che il processo doveva considerarsi interrotto a causa del decesso dell’unico difensore costituito in giudizio.
A sostegno del ricorso parte ricorrente produceva il certificato di morte rilasciato dall’Ufficio di Stato civile attestante la data del decesso avvenuto prima che la causa venisse assegnata a sentenza e prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni in grado di appello. Ragion per cui lo svolgimento processuale seguito alla morte del predetto difensore doveva considerarsi affetto da nullità per avvenuta interruzione del processo.
Il motivo veniva accolto dalla Corte di Cassazione che evidenziando una palese violazione del principio del contraddittorio ribadiva i consolidati principi di diritto secondo cui la morte (come la radiazione o la sospensione dall’albo) dell’unico difensore costituito in giudizio “determina automaticamente l’interruzione del processo anche se il giudice e le altri parti non ne hanno avuto conoscenza”. Inoltre, sempre secondo i giudici di Cassazione, l’irrituale prosecuzione del giudizio non può essere rilevata d’ufficio dal giudice, né eccepita dalla controparte, ma può essere “dedotta e provata in sede di legittimità solo dalla parte colpita dal predetto evento”.
Alla luce delle suddette motivazioni la Corte accoglieva il ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa ad altra sezione della Corte di appello.

 

A cura di Brando Mazzolai