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giurisprudenza

Crediti professionali in sede di accertamento del passivo (Cass., Sez. I, 2 marzo 2022, n. 6884)

La pronuncia in esame prende vita dal caso di un legale che aveva chiesto l’ammissione al passivo del fallimento di una società sua cliente per i compensi professionali in via privilegiata ex art. 2751 bis, comma 1 n. 2, c.c. e si era visto parzialmente negare detto privilegio.

Il tribunale aveva infatti dato rilievo al biennio antecedente alla dichiarazione di fallimento della società debitrice, individuando in essa il momento di cessazione del complessivo rapporto professionale con la società evidenziando come il biennio, ai fini del riconoscimento del privilegio generale sui compensi professionali di cui all’art. 2751-bis c.c., n. 2, decorre dal momento in cui l’incarico è stato portato a termine o è comunque cessato, perchè in quel momento il credito dell’onorario è divenuto liquido ed esigibile.

Il legale ricorreva in Cassazione lamentando che, nell’ammettere il credito per compensi professionali maturati nel corso del processo in esecuzione dell’unico mandato professionale svoltosi in due gradi di merito (l’ultimo dei quali ancora pendente al momento della dichiarazione di fallimento) e tre subprocedimenti cautelari in corso di causa, il Tribunale aveva escluso dal privilegio il credito relativo all’attività svolta in primo grado e nei tre subprocedimenti cautelari in quanto non rientranti nel biennio antecedente la dichiarazione di fallimento.

Così facendo, rilevava il legale, il tribunale aveva però scisso le singole prestazioni rese prima e dopo il biennio antecedente la dichiarazione di fallimento violando il principio di unitarietà dell’incarico professionale e del relativo credito.

La Corte di Cassazione, ripercorrendo l’evoluzione giurisprudenziale sul tema, giunge ad affermare che in caso di plurimi incarichi svolti dal professionista il termine temporale degli “ultimi due anni di prestazione” previsto dall’art. 2751 bis, comma 1 n. 2, c.c., va riferito al complessivo rapporto professionale, sicché restano fuori dal privilegio i corrispettivi degli incarichi conclusi in data anteriore al biennio precedente la cessazione del complessivo rapporto.

Infatti ad avviso della Corte il riconoscimento del privilegio dipende dalla prestazione dell’opera e non dalla liquidità e/o esigibilità del credito, rilevanti, invece, all’individuazione del decorso del termine prescrizionale. La norma delimita il credito cui spetta il privilegio mediante il riferimento alla prestazione, che viene assunto, così, ad elemento determinante della fattispecie genetica del privilegio, mancando ogni  dato che induca a riconoscere analoga rilevanza al fatto della conseguita esigibilità dello stesso.

A nulla rileva l’argomentazione del legale secondo cui fino al momento della definizione dell’attività il diritto non è liquido, nè esigibile, nè la retribuzione “dovuta potendo il professionista percepire solo acconti.

Infatti, il principio della esatta quantificazione dell’onorario solo al termine della controversia non sottrae il relativo credito alla regola di cui all’art. 2751-bis c.c., n. 2, nel senso che il riconoscimento del privilegio dipende dalla prestazione dell’opera e non dalla liquidità e/o esigibilità del credito.

La Corte rigetta il ricorso.

A cura di Corinna Cappelli