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giurisprudenza

Cumulabili domanda congiunta di separazione e domanda congiunta di divorzio (Cass., Sez. I, Ord., 16 ottobre 2023, n. 28727)

La Corte di Cassazione si pronuncia sulla dibattuta questione della cumulabilità della domanda di separazione e di divorzio, non solo nel procedimento contenzioso (come espressamente previsto dalla riforma Cartabia all’art. 473-bis.49 c.p.c.), ma anche in caso di domanda congiunta dei coniugi; questione su cui i tribunali si erano divisi in favorevoli e contrari.

L’occasione è rappresentata da un’ordinanza del Tribunale di Treviso che -di fronte a due coniugi che domandavano con lo stesso ricorso di pronunciare la loro separazione e, decorso il periodo di sei mesi previsto dall’art. 3 della legge n. 898/1970 e previo il passaggio in giudicato della sentenza di separazione, anche il divorzio alle stesse condizioni richieste per la separazione- disponeva rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione, affinché enunciasse principio di diritto ex art. 363-bis c.p.c.

Si tratta questo di un nuovo strumento processuale di “nomofilachia preventiva” che permette al giudice di merito di porre alla Cassazione una questione di diritto (di merito o di rito) necessaria alla definizione anche parziale del giudizio, non ancora risolta dalla Corte di cassazione, che presenta gravi difficoltà interpretative e suscettibile di porsi in numerosi giudizi; così da provocare un pronunciamento che ha natura vincolante nel giudizio in cui è stato disposto il rinvio, ma anche di precedente autorevole per ogni futuro procedimento in cui dovesse porsi la medesima questione.

Ebbene, nel caso di specie la Corte si pronuncia in senso favorevole al cumulo di domanda congiunta di separazione e divorzio per varie ragioni (per il cui esame completo si rinvia per brevità alla lettura della corposa sentenza), fra cui degne di nota paiono soprattutto le seguenti due considerazioni:

(i) anche la proposizione cumulativa delle domande congiunte di separazione e divorzio realizza quel “risparmio di energie processuali” alla base della previsione del cumulo: essa permette alle parti, infatti, a fronte della irreversibilità della crisi matrimoniale, di trovare in un’unica sede un accordo complessivo sia sulle condizioni di separazione sia sulle condizioni di divorzio, concentrando in un unico ricorso l’esito della negoziazione delle modalità di gestione complessiva di tale crisi, disciplinando una volta per tutte i rapporti economici e patrimoniali tra loro e i rapporti tra ciascuno di essi e i figli minorenni o maggiorenni non ancora autosufficienti.

(ii) il cumulo non derogherebbe al principio di indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale, trattandosi unicamente di domande proposte in funzione di una pronuncia di divorzio per la quale non è ancora decorso il termine di legge, e trattandosi di un accordo unitario dei coniugi sull’intero assetto delle condizioni,  pur sempre sottoposto al complessivo vaglio del Tribunale; per quanto l’introduzione del cumulo ad opera della riforma Cartabia si inserisca in un costante processo di privatizzazione del regime matrimoniale, che ha inciso in maniera significativa sulla “caduta” del dogma dell’indisponibilità degli status.

Quanto alla disciplina in concreto applicabile, infine, la domanda congiunta di divorzio, cumulata con quella congiunta di separazione, non potrà essere decisa prima del passaggio in giudicato della sentenza che omologa la separazione consensuale e prima del decorso dei sei mesi dall’udienza di comparizione in sede di separazione personale (come previsto anche dall’art. 473-bis.49 c.p.c.); mentre il passaggio dalla fase della decisione della domanda congiunta di separazione a quella della trattazione della domanda congiunta di divorzio troverà disciplina nell’art. 279 c.2 n. 5 c.p.c. (secondo cui, quando il collegio decide solo su alcune delle cause riunite sino a quel momento, dispone con distinti provvedimenti l’ulteriore istruzione).

A cura di Stefano Valerio Miranda