Con la pronuncia in commento la Suprema Corte si è espressa in tema di difesa di più soggetti da parte di un unico difensore, stabilendo che il D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 2, facendo esplicito riferimento a “soggetti” e non a “parti” ha inteso rendere applicabile l’aumento per ognuno dei soggetti, aventi la medesima posizione processuale, senza che possa assumere rilievo la circostanza che taluni d’essi rappresentino una sola parte in senso proprio. In tal modo viene affidata alla discrezionalità del giudice la scelta di tener conto del maggior lavoro, peraltro limitato esclusivamente dalla identità della posizione processuale, che ne deriva all’avvocato a riguardo di ognuno dei soggetti rappresentati e difesi oltre il primo, non essendo l’impegno professionale attenuato dal fatto che detti soggetti rappresentino una sola parte.
Nel combinato disposto di tale norma con il successivo comma 4, la Cassazione ha stabilito altresì che non sussiste un’univoca corrispondenza tra l’ipotesi contemplata dal comma 2, di “più soggetti aventi la stessa posizione processuale” e quella contemplata dal comma 4, che ritaglia dalla prima categoria la ipotesi in cui non occorra affrontare “specifiche e distinte questioni di fatto e di diritto”. Da ciò consegue che l’aumento per il numero dei soggetti non implica di necessità la previa riduzione del 30%, potendo una tale evenienza ricorrere o meno. Tale decisione non può che essere di esclusivo appannaggio discrezionale del giudice del merito e, pertanto, non sindacabile in sede di legittimità.
A cura di Costanza Innocenti