Con la sentenza n. 3624 del 12 febbraio 2025, la Corte di Cassazione Sez. Lav. ha ribadito la necessità del rigoroso rispetto delle forme processuali nel giudizio di legittimità, specialmente dopo l’introduzione del processo telematico, confermando che la mancata attestazione di conformità della sentenza impugnata, se tempestivamente eccepita e non sanata, determina l’improcedibilità del ricorso
La fattispecie in sintesi: la vicenda nasce dal ricorso per revocazione presentato contro un’ordinanza della Cassazione, la quale sarebbe stata resa in omissione dell’eccezione di improcedibilità sollevata nel controricorso proposto in quel giudizio dall’odierno ricorrente.
In particolare, il ricorrente deduce che nel precedente ricorso per Cassazione, la ricorrente (oggi, controricorrente) aveva depositato la copia della sentenza impugnata senza la necessaria attestazione di conformità richiesta dall’art. 369 c.p.c
Il Supremo Consesso ritiene il ricorso ammissibile poiché si deduce un errore di fatto, cioè l’omesso esame della eccezione di improcedibilità del ricorso per Cassazione, il quale configura un errore tale da essere oggetto di revocazione attesa la decisività dell’errore ai fini della decisione stessa: la Corte, difatti, aveva fondato la propria decisione sulla supposizione di un fatto – rituale deposito della copia della sentenza notificata e mancata eccezione del controricorrente – la cui inesistenza ed erroneità era incontestabilmente esclusa dagli atti di causa.
Procede, quindi, alla fase rescissoria con l’esame nel merito dell’eccezione di improcedibilità, ritenendola fondata.
Difatti, rileva che:
i) il deposito in cancelleria di copia analogica della decisione impugnata priva di attestazione di conformità del difensore ex art. 16 bis, comma 9 bis, del D.L. n. 179 del 2012, convertito dalla L. n. 221 del 2012, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, determina l’improcedibilità del ricorso, salvo che uno dei controricorrenti nel costituirsi depositi copia della sentenza analogica autenticata ovvero non disconosca la conformità della copia informale all’originale; nell’ipotesi, invece, in cui una delle controparti sia rimasta intimata, il ricorrente ha l’onere di depositare l’asseverazione di conformità entro l’udienza di discussione o adunanza in camera di consiglio;
ii) il ricorrente del precedente giudizio aveva depositato solo copie semplici, senza attestazione;
iii) il controricorrente, oggi ricorrente, aveva espressamente disconosciuto la conformità delle copie;
iv) il vizio non era stato sanato con successivo deposito dell’attestazione;
v) il ricorso era stato notificato dopo 60 giorni dalla pubblicazione della sentenza.
All’esito della motivazione, la Suprema Corte accoglie il ricorso per revocazione e revoca l’ordinanza impugnata, dichiarando l’improcedibilità del ricorso originario e condannando il ricorrente originario al pagamento delle spese di entrambi i giudizi.
A cura di Andrea Goretti