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giurisprudenza

È patto di quota lite (vietato) se il compenso dell’avvocato è correlato al risultato pratico dell’attività svolta anziché al valore presunto dell’affare (Cass., Sez. II, 4 settembre 2024, n. 23738)

Un avvocato agiva davanti al Tribunale di Trieste per ottenere la condanna di un proprio cliente al pagamento dei propri compensi professionali maturati per la difesa svolta vittoriosamente in una causa di lavoro avente ad oggetto un’impugnativa di licenziamento, e conclusasi con reintegra del cliente e condanna del datore di lavoro al versamento delle retribuzioni non versate dalla data dell’illegittimo licenziamento fino alla data di reintegra stessa.

In particolare, il legale quantificava detti compensi in misura pari al 15% delle somme ricevute dal cliente in base alla sentenza, così come stabilito nell’accordo preventivamente concluso fra avvocato e cliente.

Il Tribunale accoglieva detta pretesa, ritenendo che legittimamente l’accordo determinasse il compenso in una percentuale del valore della controversia, come consentito dall’art. 13 comma 3 L.P.

Il cliente, tuttavia, ricorreva in Cassazione, la quale con la sentenza in commento ha accolto il primo motivo di ricorso (restando assorbiti gli altri), con il quale veniva in sostanza censurata la violazione da parte della pronuncia impugnata della disciplina sul compenso dell’avvocato.

Ritiene la Corte, infatti, che si debba distinguere tra il terzo comma dell’art. 13 L.P., che ammette i patti che commisurano il compenso in percentuale sul valore presunto della controversia, determinabile in via approssimativa già al momento del conferimento dell’incarico, ed il successivo comma 4, che invece vieta il patto che commisura il compenso in una percentuale del risultato pratico raggiunto all’esito dell’attività svolta.

La ratio del divieto del c.d. patto di quota lite è infatti di enfatizzare il distacco del legale dagli esiti della lite, in modo tale da evitare, a tutela del cliente e della dignità della professione, la partecipazione del professionista agli interessi economici finali ed esterni alla prestazione richiesta, e quindi una commistione di interessi tra il cliente e l’avvocato che comporta il rischio della trasformazione del rapporto professionale da rapporto di scambio a rapporto associativo (in tal senso anche la richiamata Cassazione civile sez. II, 06/07/2022, n.21420).

Aggiunge la Corte, inoltre, che la nullità del patto di quota lite è assoluta e colpisce qualsiasi negozio avente ad oggetto diritti affidati al patrocinio legale, anche di carattere non contenzioso, ma non pregiudica la validità dell’intero contratto di patrocinio, cosicché l’avvocato conserva il diritto al compenso per le sue prestazioni sulla base delle tariffe professionali (in tal senso anche la richiamata Cassazione civile sez. II, 10/03/2023, n.7180).

Nel caso di specie, il compenso pattuito non era parametrato al valore presunto della controversia, ma al risultato raggiunto all’esito del giudizio, avente ad oggetto non solo la reintegra nel posto di lavoro, ma anche la condanna del datore di lavoro al pagamento delle retribuzioni non versate.

Pertanto, l’ordinanza impugnata viene cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio al Tribunale di Trieste in diversa composizione.

Acura di Stefano Valerio Miranda