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giurisprudenza

Esclusa l’ipotesi di grave inadempimento nell’esecuzione del mandato tale da giustificare il mancato pagamento degli onorari (Cass., Sez. II, Ord., 23 giugno 2023, n. 18011)

Con la pronuncia in oggetto la Corte di Cassazione affronta il tema della responsabilità professionale per inadempimento nell’esecuzione del mandato.

Nel caso di specie un avvocato chiedeva il pagamento dei propri compensi spettanti per l’attività difensiva svolta in una procedura monitoria. Il cliente resisteva in giudizio contestando un’inadeguata attività difensiva. Quest’ultimo deduceva, in particolare, che il legale non lo aveva compiutamente informato del deposito, ad opera della controparte, di un prospetto di pagamenti asseritamente effettuato da quest’ultima, privandolo, così, della possibilità di eccepirne la falsità. In opposizione al decreto ingiuntivo il cliente proponeva quindi domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto d’opera intellettuale per grave inadempimento e, in via subordinata, la riduzione del compenso preteso. Nonostante le doglianze di parte resistente, il Tribunale adito accoglieva integralmente la domanda principale e rigettava quella riconvenzionale di risoluzione del contratto d’opera intellettuale, ritenendo che l’inadempimento del professionista non fosse di gravità tale da giustificare la risoluzione del contratto di patrocinio.

Parte soccombente adiva così la Corte di Cassazione, con un unico motivo, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1453 e 1455 c.c. nella parte in cui il tribunale aveva ritenuto il comportamento professionale dell’avvocato non costituente grave inadempimento. In particolare, il ricorrente si doleva del fatto che il tribunale non avrebbe correttamente applicato l’art. 1455 c.c. per non aver comparato l’interesse della parte con l’eccepito inadempimento. Nell’ordinanza de qua la Corte di Cassazione, nel richiamare la propria giurisprudenza in materia di responsabilità del professionista (cfr. ex multis Cass., Sez. Un. sent. n. 8053 del 2014) ricorda che il cliente è tenuto a provare non solo di aver sofferto un danno, ma anche che questo sia stato causato da una insufficiente o inadeguata attività professionale. Pertanto l’inadempimento del professionista non può essere desunto soltanto dal mancato raggiungimento del risultato utile cui mira il cliente, ma anche dalla violazione del dovere di diligenza adeguato alla natura dell’attività esercitata. In questo senso il cliente danneggiato ha sempre l’onere di dimostrare che l’omissione del professionista sia stata causa del mancato esito positivo dell’azione intrapresa e che viceversa il corretto adempimento del professionista avrebbe permesso di conseguire il raggiungimento del risultato utile.

La Corte in applicazione di tale principio aderisce alle motivazioni del tribunale che in sentenza aveva sottolineato come l’insieme di circostanze dedotte in giudizio dal cliente – “laddove esse non trasmodino in mere argomentazioni giuridiche” – apparivano del tutto prive del carattere della “decisività” e pertanto non idonee a determinare la risoluzione del contratto per la presupposta gravità dell’adempimento. In definitiva, alla stregua delle complessive argomentazioni svolte, la Corte ritiene di respingere il ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

A cura di Brando Mazzolai