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giurisprudenza

Espressioni offensive e criteri di interpretazione delle norme in tema dignità e decoro (Cass., Sez. Un., 24 febbraio 2009, n. 7032)

La sentenza in commento merita di essere esaminata in ordine alle sanzioni irrogate dal Consiglio dell'Ordine e successivamente modificate in melius dal CNF per la violazione dei doveri di cui agli artt. 5 e 20 del Codice deontologico forense.
Nel caso di specie il C.O.A. di Roma ha ritenuto di applicare la sanzione disciplinare della cancellazione dall'albo all'avvocato a) per aver offeso l'onore della categoria forense romana tutta chiamandola "associazione per delinquere"; b) per aver offeso l'onore e il decoro di un collega nei cui confronti erano state sporte due identiche denunce davanti a due diverse autorità giudiziarie in cui gli si attribuiva "di aver perseguito (nel corso della difesa espletata per conto dell'incolpato) personalissimi, miseri, se non vili interessi di bottega".
Il CNF, chiamato a pronunciarsi su tale decisione, ha confermato che le accuse rivolte al collega e la reiterazione della querela a carico dello stesso infrangevano i limiti di decoro e di dignità imposti dall'etica professionale e violavano consolidati canoni deontologici che impongono al professionista forense diligente scrupolo e grande prudenza e cautela nel promuovere azioni legali contro i colleghi.
Il CNF ha, però, sminuito la portata offensiva l'espressione "associazione per delinquere" usata dal ricorrente all'indirizzo del "Foro Romano", ritenendo che andasse riferita al "complesso degli uffici giudiziari romani" piuttosto che "a quanti esercitano la professione forense".
Per tali motivi, fermo restando che la gravità dei toni usati imponeva il più fermo biasimo sulla condotta tenuta dal ricorrente, il CNF ha ritenuto opportuno ridurre la sanzione disciplinare irrogata dal COA di Roma applicando al professionista la sospensione dall'esercizio professionale per tre mesi.

A cura di Ilaria Biagiotti