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giurisprudenza

Grava sull’imputato l’onere di scegliere un difensore professionalmente valido e di vigilare sull’esatta osservanza da parte dello stesso dell’incarico conferito (Cass., Sez. III Pen., 05 maggio 2015, n. 24922)

La sentenza in commento trae origine da un procedimento nel quale, nel corso del giudizio di primo grado, non era stata effettuata l’escussione dei testi della difesa per omessa citazione degli stessi da parte del difensore che non aveva neppure preso parte all’udienza dibattimentale, che si era infine conclusa con una sentenza di condanna dell’imputato. Impugnato tale provvedimento, la Corte territoriale rigettava la richiesta dell’imputato di rinnovazione parziale del dibattimento per escutere quei testi della difesa, indicati ed ammessi nel giudizio di primo grado, ma ivi mai sentiti per colpa e negligenza dell’allora difensore nominato, ritenendo le circostanze sulle quali i testi sarebbero stati chiamati a deporre irrilevanti o già pacificamente accertate. Chiamata ad esprimersi sul punto la Suprema Corte ribadisce come il diritto alla prova non sia un diritto assoluto e che anzi, all’art. 495, co. 2 c.p.p. incontra limiti ben precisi quali la liceità, la rilevanza, la non superfluità e la non manifesta irrilevanza. Diversa l’ipotesi prevista per il secondo grado, per il quale l’art. 603 c.p.p. prevede la possibilità di disporre la rinnovazione istruttoria qualora il giudice d’appello ritenga che il processo non possa essere deciso allo stato degli atti. Ricondotto il caso di specie in tale ultima ipotesi, i Giudici di legittimità richiamano la motivazione addotta dalla Corte territoriale circa il rigetto della richiesta di rinnovazione istruttoria, precisando come “l’imputato, regolarmente citato a giudizio, non può lamentare la violazione di tale diritto per la condotta del difensore liberamente scelto”. Infatti, richiamando pregresse pronunce, viene confermato il principio in forza del quale “il mancato adempimento da parte del difensore di fiducia dell’incarico di partecipare al processo e di proporre impugnazione, a qualsiasi causa ascrivibile, non è idoneo a realizzare l’ipotesi di caso fortuito o forza maggiore che legittimano la restituzione in termini”. Pertanto, la Suprema Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
A cura di Elena Borsotti

Allegato:
24922-2015