Con l’ordinanza in commento la sezione lavoro della Corte di Cassazione, ribadendo il proprio precedente orientamento (cfr. Cass., sez. lav., n. 3916/2019), riafferma il seguente principio in materia di previdenza forense.
Ai fini della determinazione della base reddituale per il calcolo del contributo soggettivo non è utilizzabile il reddito determinato in sede di concordato preventivo biennale di cui all’art. 33, D.L. n. 269/2003, conv. con L. n. 326/2003, potendo concernere quest’ultimo solo l’obbligazione tributaria.
Tale conclusione dipende dal fatto che in seguito alla privatizzazione delle casse professionali e dell’imposizione a loro carico dell’equilibrio economico finanziario, la determinazione di un reddito imponibile concordata con la sola amministrazione finanziaria, costituirebbe una violazione dell’autonomia delle casse privatizzate.
Nel caso di specie i giudici di merito di primo e secondo grado avevano accolto l’opposizione proposta da un avvocato avverso la cartella esattoriale con cui la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense gli aveva ingiunto di pagare contributi relativi all’anno 2004 e commisurati al reddito effettivo prodotto invece che a quello accertato mediante adesione al concordato fiscale.
La Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso proposto dal Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, sulla base dei suddetti principi di diritto, ha cassato la sentenza d’appello con rinvio ad altra Corte d’Appello.
A cura di Silvia Ventura