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giurisprudenza

I contributi degli avvocati vanno commisurati al reddito effettivo prodotto, non a quello accertato mediante adesione al concordato fiscale (Cass., sez. IV, Ord., 11 ottobre 2022, n. 29639).

Con l’ordinanza in commento la sezione lavoro della Corte di Cassazione, ribadendo il proprio precedente orientamento (cfr. Cass., sez. lav., n. 3916/2019), riafferma il seguente principio in materia di previdenza forense.
Ai fini della determinazione della base reddituale per il calcolo del contributo soggettivo non è utilizzabile il reddito determinato in sede di concordato preventivo biennale di cui all’art. 33, D.L. n. 269/2003, conv. con L. n. 326/2003, potendo concernere quest’ultimo solo l’obbligazione tributaria.
Tale conclusione dipende dal fatto che in seguito alla privatizzazione delle casse professionali e dell’imposizione a loro carico dell’equilibrio economico finanziario, la determinazione di un reddito imponibile concordata con la sola amministrazione finanziaria, costituirebbe una violazione dell’autonomia delle casse privatizzate.
Nel caso di specie i giudici di merito di primo e secondo grado avevano accolto l’opposizione proposta da un avvocato avverso la cartella esattoriale con cui la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense gli aveva ingiunto di pagare contributi relativi all’anno 2004 e commisurati al reddito effettivo prodotto invece che a quello accertato mediante adesione al concordato fiscale.
La Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso proposto dal Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, sulla base dei suddetti principi di diritto, ha cassato la sentenza d’appello con rinvio ad altra Corte d’Appello.

A cura di Silvia Ventura