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giurisprudenza

Il compenso previsto per le prestazioni stragiudiziali è dovuto dal cliente anche nella ipotesi in cui l’avvocato abbia poi prestato la sua opera in giudizio purché risultino di “autonoma rilevanza” rispetto all’attività svolta in giudizio, come previsto dall’art.20 del D.M. 55/2014 (Cass., Sez. III, 20 dicembre 2021, n. 40828)

La Corte Suprema di Cassazione conferma il principio secondo il quale il giudice, chiamato a determinare il compenso spettante all’avvocato per l’attività stragiudiziale cui è seguita un’attività professionale giudiziale, deve accertare se detta attività stragiudiziale sia connessa o complementare ovvero autonoma all’attività processuale; solo in questo ultimo caso, infatti, ai sensi dell’art.20 D.M. 55/2014, all’avvocato spetterà il relativo compenso.

Nel caso di specie, l’avvocato ha chiesto al cliente il pagamento del compenso per l’attività stragiudiziale prestata in suo favore per un affare che, poi, ha richiesto la proposizione di una domanda giudiziale.

Il giudice di merito, la cui decisione è stata confermata dai giudici di legittimità, ha escluso che detta attività avesse una rilevanza autonoma rispetto alla successiva attività processuale prestata; ad ogni modo, nella liquidazione del compenso per l’attività processuale deve tenersi comunque in considerazione la rilevanza dell’attività stragiudiziale svolta.

A cura di Fabio Marongiu