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giurisprudenza

Il conflitto di interessi dell’avvocato con il cliente deve essere sanzionato sia quando è effettivo sia quando è solo potenziale o apparente. (Cass., Sez. Un., 12 marzo 2021 n. 7030)

La Cassazione a sezioni Unite, con la sentenza in commento, conferma la condanna disciplinare a carico di un avvocato per un caso di conflitto di interessi con il cliente, sebbene secondo la difesa dell’avvocato il conflitto fosse solo apparente.

La pronuncia muove dal caso di un legale che al termine di una causa aveva notificato alla controparte un precetto per il pagamento delle spese di lite.

Contemporaneamente la controparte aveva ottenuto un decreto ingiuntivo contro il cliente dell’avvocato e aveva instaurato un pignoramento presso terzi per recuperare il credito.

A quel punto,  l’avvocato aveva rinunciato al mandato intervenendo contro il suo cliente nell’esecuzione instaurata da controparte per recuperare il proprio credito professionale.

In aggiunta, l’avvocato aveva fatto assumere ad una collega di studio la difesa del suo ex cliente nel processo di esecuzione in cui egli stesso era intervenuto. La collega avrebbe dovuto opporre in compensazione a controparte quello stesso credito per il quale l’avvocato aveva inizialmente intimato il precetto in favore del suo cliente.

L’intervento della collega di studio a difesa dell’ex cliente, faceva sospettare un caso di conflitto di interessi, rivelando la continuazione del legame professionale dello stesso avvocato con l’ex cliente, contro il quale egli aveva agito per il recupero del proprio credito, mediante intervento nell’esecuzione promossa da controparte.

Infine l’avvocato si è fatto conferire un nuovo mandato dall’ex cliente, per assisterlo nell’opposizione contro il decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo sulla base del quale controparte aveva instaurato la predetta esecuzione.

E qui è scattata la contestazione disciplinare per conflitto di interesse, contro cui l’avvocato si è difeso sostenendo che l’operazione era avvenuta con il consenso del suo ex cliente onde consentire al professionista di ottenere i propri compensi professionali.

Quindi, nessun conflitto di interessi sarebbe stato configurabile.

Il Consiglio distrettuale di disciplina ha respinto la difesa dell’avvocato condannandolo alla sospensione dalla professione per 3 mesi, sanzione di poi confermata dal Consiglio Nazionale forense.

Secondo quest’ultimo, è irrilevante l’aver agito contro la volontà del cliente o piuttosto con la sua autorizzazione poichè ciò che il Codice deontologico vuole tutelare è il principio di astratta imparzialità e indipendenza dell’avvocato.

La Cassazione, aderendo a tale interpretazione, ha evidenziato che il conflitto si verifica in tutti i casi in cui ci si ponga processualmente in antitesi con il proprio assistito, il che avviene specificamente quando in una procedura esecutiva si chieda l’attribuzione di somme del proprio assistito senza sostanzialmente cessare la difesa di quest’ultimo.

Pertanto la Suprema Corte ha confermato la sanzione disciplinare statuendo che l’imparzialità e l’indipendenza dell’avvocato, per il significato anche sociale che esprimono alla collettività, vanno tutelate come valori astratti, anche in quelle situazioni in cui il conflitto è potenziale e solo apparente.

A cura di Corinna Cappelli