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giurisprudenza

Il divieto di patto di quota lite opera anche per prestazioni stragiudiziali (Cass., Sez. Un., 31 maggio 2025, n. 14699)

Con la pronuncia in commento la Corte ribadisce il principio del divieto del patto di quota lite nella pattuizione del compenso, anche laddove relativo – come nel caso sottoposto alla Corte – a prestazioni stragiudiziali.

Nel caso in esame, l’Avvocato aveva pattuito con i propri clienti un compenso pari al 5% del risultato ottenuto nella definizione di un sinistro, legando, di fatto, il pagamento del compenso al risultato della propria attività professionale, in violazione dei commi 3 e 4 dell’art. 13 L. 247/2012. Tali norme, infatti, sono volte ad evitare la commistione degli interessi tra cliente ed avvocato che si avrebbe ogni qualvolta il compenso fosse collegato, anche in parte, all’esito della lite.

Condannato sia dal CDD competente che dal CNF alla sospensione dall’esercizio della professione forense per due mesi, l’Avvocato ricorreva per cassazione articolando due motivi.

Da un lato riteneva che l’art. 13 della legge professionale ammettesse la pattuizione a percentuale sul valore dell’affare o di quanto si prevede possa giovarsene e che il compenso da pattuito con i clienti rispondesse proprio a questi criteri avendo stabilito il valore del 5% sul valore presunto della controversia.

Dall’altro, sosteneva che il CNF non avesse preso in considerazione l’elemento soggettivo della condotta, omettendo di considerare se la volontà dell’incolpata fosse effettivamente quella di “proporzionare il proprio onorario all’entità del risarcimento ottenuto”.

La Cassazione ha ritenuto i motivi di ricorso in parte inammissibili ed in parte infondati.

Secondo la Corte il patto a percentuale ammesso è quello che lega i compensi al valore dei beni o degli interessi litigiosi mentre è sempre vietato il pagamento a percentuale rispetto al risultato della lite. Quest’ultimo divieto è giustificato dal distacco che deve caratterizzare l’operato del legale dall’esito della lite. Nel caso in esame, dai documenti agli atti di causa non sarebbe in alcun modo emersa la volontà della ricorrente di collegare il valore percentuale ad un valore presunto della lite ma al risultato ottenuto.

Quanto alla pretesa carenza motivazionale la Corte ha chiarito che il vizio di motivazione non è censurabile per Cassazione se non in ipotesi di sviamento di potere e nei limiti della ragionevolezza della sanzione, circostanze che non ricorre nel caso di specie.

A cura di Sofia Lelmi