Direttore Responsabile:

Susanna Della Felice

Coordinatore di Redazione:

Lapo Mariani

giurisprudenza

Il ricorso per cassazione è inammissibile se manca l’esposizione sommaria dei fatti (Cass., Sez. II, Ord., 20 marzo 2024, n. 7436)

Con la sentenza n. 7436/2024 del 29 febbraio scorso la Suprema Corte, Sez. II, si è pronunciata nuovamente in merito all’ammissibilità del ricorso per Cassazione con particolare riferimento all’esposizione sommaria dei fatti ex art. 366 c.p.c.

La fattispecie in sintesi: viene proposto ricorso, con tre motivi, avverso la sentenza di appello con cui veniva respinto l’appello principale – in mancanza di prova di effettivo pregiudizio per parte attrice dovuto alla copertura in canniccio – ed accolto l’appello incidentale della convenuta, con dichiarazione del diritto al mantenimento della copertura in canniccio; con condanna spese di lite per i due gradi.

Di tutti e tre i motivi, la Suprema Corte non scende in alcun modo nel merito, rilevando in via prioritaria e dirimente l’eccezione di inammissibilità del ricorso conseguente alla mancata esposizione sommaria dei fatti di causa ai sensi dell’art. 366, comma 1 c.p.c.

Nello specifico, precisa che tale requisito consta in una “esposizione sufficiente a garantire alla Corte di cassazione di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata”: tale prescrizione è necessaria al fine di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e processuali per poter intendere bene il significato e portata delle impugnazioni proposte.

La Corte, pertanto, ricorda che il ricorso per Cassazione deve contenere indicazione sommaria delle pretese dei litiganti e dei relativi presupposti di fatto e diritto, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni delle parte verso l’avversa posizione nonché dello svolgimento del processo e delle argomentazioni essenziali in fatto e diritto della sentenza impugnata.

Il ricorso in esame, invece, non presenta alcun tipo di contenuto minimo necessario per l’esame del medesimo: gli Ermellini giungono a definire il ricorso caotico e prolisso tanto da non rendere intellegibile la vicenda di cui si discute, dando per scontata la conoscenza dei fatti di causa, le posizioni delle parti e via dicendo.

Nondimeno, prosegue la Corte, neanche le repliche dei ricorrenti contenute nella successiva memoria sono idonee a porre in discussione il vizio così riscontrato e sussistente: le medesime si limitano a censurare soluzioni “formalistiche” senza però indicare dove, nel proprio ricorso, sarebbe contenuta l’esposizione sommaria dei fatti.

Per tutti questi motivi, e quindi senza nemmeno scendere nel merito della vicenda, la Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso con condanna al versamento del doppio del contributo unificato.

A cura di Andrea Goretti