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giurisprudenza

In caso di pluralità di domande, il compenso dell’avvocato è calcolato con riferimento a quella di valore indeterminabile (Cass., Sez. III, Ord., 29 novembre 2022, n. 35021).

Un avvocato otteneva un decreto ingiuntivo relativamente ai compensi dovuti per l’assistenza in giudizio di una società, la quale proponeva opposizione, che veniva però rigettata dal Tribunale. La causa veniva condotta fino alla Corte di Cassazione, di fronte alla quale la società debitrice sosteneva, tra i vari motivi di ricorso, che il Giudice di merito avesse errato nel ritenere che la liquidazione dei compensi dovesse essere compiuta facendo riferimento allo scaglione di valore indeterminabile: in particolare, si sosteneva che la determinatezza o meno della causa, con riferimento alla liquidazione dei compensi, dovrebbe essere valutata all’esito dell’istruttoria, limitando l’utilizzo dello scaglione “indeterminabile” solo alle pretese (e non sarebbe questo il caso) “il cui controvalore non è comunque quantificabile con esattezza anche all’esito del giudizio”.

La Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo infondato anche sul punto di cui sopra: secondo la Corte, infatti, ove le prestazioni professionali espletate siano relative a molteplici domande, alcune di valore determinato, altre indeterminato e indeterminabile al momento della domanda (nel caso di specie volte all’accertamento di un rapporto di agenzia tra la società difesa e un terzo), è corretto liquidare il compenso sulla base dello scaglione “indeterminabile”. In tal senso anche la recente Cass. n. 22719 del 2022, secondo la quale il valore della causa deve essere individuato con riferimento alla domanda (o al cumulo delle domande) di valore determinato solo se ciò comporti il riconoscimento di un importo superiore a quello calcolato in relazione allo scaglione previsto per le cause di valore indeterminabile.

A cura di Leonardo Cammunci