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giurisprudenza

La Cassazione chiarisce le differenze tra procura ad litem e contratto di patrocinio (Cass., Sez. VI, 6 luglio 2015, n. 13927)

Con la sentenza in commento, la Suprema Corte è tornata nuovamente a pronunciarsi in merito alla sostanziale estraneità del contratto di patrocinio rispetto alla procura alle liti.
Nello specifico, la questione sottoposta all’attenzione della Cassazione traeva origine dalla richiesta di risarcimento dei danni a titolo di responsabilità professionale azionata da un cliente nei confronti del proprio ex difensore, per aver quest’ultimo omesso di riassumere il giudizio dopo il provvedimento di interruzione emesso dal Tribunale adito.
Da parte sua, il legale si era difeso rappresentando di aver rinunciato al mandato per un conflitto di interessi sopraggiunto con altra parte del giudizio, e di aver fornito al proprio assistito pronta comunicazione della necessità di procedere alla nomina di un nuovo avvocato.
Tuttavia, in corso di causa era emerso che nonostante la formale sostituzione con altro difensore, l’avvocato ricorrente aveva di fatto continuato ad assistere il proprio cliente.
Alla luce delle risultanze processuali, la Suprema Corte si è quindi richiamata alla propria consolidata giurisprudenza in tema di attività professionale svolta da avvocati, nell’ambito della quale è stato precisato a più riprese che “mentre la procura ad litem costituisce un negozio unilaterale con il quale il difensore viene investito del potere di rappresentare la parte in giudizio, il mandato sostanziale costituisce un negozio bilaterale (cosiddetto contratto di patrocinio) con il quale il professionista viene incaricato, secondo lo schema negoziale che è proprio del mandato, di svolgere la sua opera professionale in favore della parte”.
Sulla base di ciò, la Cassazione ha quindi chiarito che, affinché un contratto di patrocinio possa ritenersi perfezionato, non è indispensabile che il legale si faccia rilasciare una apposita procura ad litem, essendo questa necessaria solo ed esclusivamente per lo svolgimento dell’attività processuale. Inoltre, da un punto di vista formale, i Giudici di legittimità hanno altresì precisato che non è neppure necessaria la forma scritta, dal momento che per il mandato vige il principio di libertà di forma (cfr. Cass., Sent. 18 luglio 2002, n. 10454, e 29 agosto 2014, n. 18450). Con ciò rigettando il ricorso proposto dall’avvocato ricorrente.

A cura di Cosimo Cappelli