Nel caso in esame l'avvocato distrattario delle spese legali ricorreva in Cassazione, censurando la sentenza di merito per l'omessa distrazione delle spese in suo favore e per l'illegittimità del mancato riconoscimento delle spese generali.
Sul primo motivo, la Suprema Corte, all'uopo richiamando la pronuncia delle Sezioni Unite del 7 luglio 2010 n. 16037 (nonché la successiva conforme Cass. 10 gennaio 2011, n. 293), conferma che il rimedio esperibile è costituito dal procedimento di correzione degli errori materiali di cui agli articoli 287 e 288 c.p.c., e non dagli ordinari mezzi di impugnazione, non ritenendo che la richiesta di distrazione possa qualificarsi come domanda autonoma.
Quanto al secondo motivo, la Corte afferma che resta preclusa al difensore distrattario l'impugnazione in proprio in ordine alla contestazione della congruità o legittimità della liquidazione delle spese e segnatamente del riconoscimento espresso della maggiorazione forfetaria per spese generali, rimanendo tale legittimazione in capo della sola parte rappresentata.
Unica ipotesi di impugnazione in proprio ammessa per il legale e per la quale il medesimo potrebbe assurgere al ruolo di parte processuale, sarebbe il caso di contestazione sulla legittimità della disposta distrazione.
A cura di Matteo Cavallini