Direttore Responsabile:

Susanna Della Felice

Coordinatore di Redazione:

Lapo Mariani

giurisprudenza

La Corte di Cassazione si pronuncia sul rapporto intercorrente tra la perizia stragiudiziale e la prova testimoniale (Cass., Sez. III, 1 febbraio 2023, n. 2980)

Con la pronuncia in oggetto la Corte di Cassazione affronta il tema della validità probatoria della perizia stragiudiziale in rapporto con la prova testimoniale.

Nel caso in esame un avvocato aveva prestato assistenza stragiudiziale ad una coppia per ottenere il risarcimento dei danni da loro subiti per malpractice medica nei confronti di una struttura sanitaria. In seguito ad un’asserita inattività del legale, la coppia aveva deciso di revocare l’incarico, affidandosi ad un nuovo avvocato. Quest’ultimo raggiungeva un accordo stragiudiziale soltanto a favore della moglie in ragione dell’avvenuta prescrizione del diritto al risarcimento richiesto dal marito per il pregiudizio sofferto.

Il marito decideva, così, di instaurare un nuovo giudizio volto a far valere la responsabilità del precedente avvocato per il mancato ottenimento del risarcimento. In primo e in secondo grado i giudici escludevano la responsabilità del legale.

Avverso la sentenza della Corte di Appello veniva proposto ricorso per Cassazione. I giudici di legittimità accoglievano il terzo motivo di censura fondato sull’errata esclusione della prova testimoniale richiesta da parte attrice nel corso del giudizio e vertente sulle risultanze delle perizie stragiudiziali di parte riferibili proprio al pregiudizio sofferto.

Sul punto la Cassazione ricorda anzitutto come la perizia stragiudiziale non ha valore di prova nemmeno rispetto ai fatti che il consulente asserisce di aver accertato. Essa ha solo valore di indizio, al pari di ogni documento proveniente da un terzo, con la conseguenza che la valutazione della stessa è rimessa all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito che, peraltro, non è obbligato in nessun caso a tenerne conto.

I Giudici affrontano poi il tema del rapporto intercorrente tra la validità probatoria della perizia stragiudiziale e la prova testimoniale. Infatti secondo costante giurisprudenza di legittimità, alla parte che ha prodotto la perizia è sempre “riconosciuta la facoltà di dedurre prova testimoniale avente ad oggetto le circostanze di fatto accertate dal consulente, che, se confermate dal medesimo in veste di testimone, possono acquisire dignità e valore di prova, sulla quale allora il giudice di merito dovrà, esplicitamente o implicitamente, esprimere la propria valutazione ai fini della decisione” (Cass. Sez. 2, sent. 19/05/1997 n. 4437; in senso conforme Cass. Sez. 3, sent. 25/02/2002 n. 2737).

Secondo la Suprema Corte risulta errata l’affermazione della Corte territoriale, la quale ha addebitato al preteso danneggiato di non aver fornito prova della responsabilità della struttura sanitaria. In particolare, precisano i giudici, la Corte d’Appello ha errato nel ritenere che a tale deficit probatorio non potessero supplire le dedotte prove testimoniali, perché finalizzate alla conferma di atti di parte. Scopo della prova testimoniale, infatti, era proprio quello di assicurare che quei documenti, fino ad allora dotati di valore meramente indiziario, potessero – grazie all’esame dei loro autori – acquisire dignità e valore di prova, sulla quale allora il giudice di merito avrebbe dovuto esplicitamente o implicitamente, esprimere la propria valutazione.

In conclusione alla luce delle ragioni espresse la Cassazione annulla con rinvio la sentenza impugnata facendo applicazione del seguente principio di diritto: “è affetta da nullità la decisione del giudice di merito di escludere l’esame testimoniale degli autori di perizie stragiudiziali, allorché motivata sul rilievo che siffatta prova per testi risulti finalizzata a confermare atti delle parti, essendo facoltà di ciascuna di esse dedurre prova testimoniale avente ad oggetto le circostanze di fatto accertate dal perito”.

 

A cura di Brando Mazzolai