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giurisprudenza

La disciplina della procura alle liti contenuta nel codice di rito civile non è estensibile automaticamente al procedimento arbitrale (Cass., Sez. Un., 5 maggio 2011, n. 9839)

In considerazione della natura privatistica dell’arbitrato – che rinviene il suo fondamento nel potere delle parti di disporre liberamente dei propri diritti e che, perciò, non è riconducibile alla giurisdizione – deve ritenersi che la disciplina della procura “ad litem” contenuta nel codice di rito civile non sia estensibile automaticamente al procedimento arbitrale, salvo diversa volontà delle parti espressamente manifestata nell’atto di conferimento del potere agli arbitri.
 
Per questa ragione, i Giudici della Corte affermano che l’atto introduttivo del giudizio arbitrale può essere effettuato con le forme previste dalle parti nell’apposita clausola compromissoria e che l’effettuato richiamo alle norme del codice di rito ivi contenuto può trovare applicazione, in quanto tale richiamo sia specifico e relativo alle modalità di introduzione della domanda di arbitrato.
 
Ne consegue che, ove manchi tale esplicito richiamo, l’atto introduttivo del giudizio arbitrale può essere effettuato, in conformità a quanto previsto nell’apposita clausola compromissoria, anche tramite lettera raccomandata proveniente dall’avvocato di una delle parti sfornito di procura alle liti (principio enunciato ratione temporis in riferimento ad una fattispecie regolata dalla legge 5 gennaio 1994, n. 25 di riforma dell’arbitrato, prima che sulla materia intervenisse la successiva riforma di cui agli artt. 20-25 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, cfr. in particolare art. 816 bis c.p.c.).
 
A cura di Maria Dell’Anno